Parole… per far silenzio
Martedì della prima settimana di Quaresima (Is 55,10-11 / Sal 33 / Mt 6,7-15)
Come la pioggia e la neve
scendono giù dal cielo
e non vi ritornano senza irrigare
e far germogliare la terra;
Così ogni mia parola
non ritornerà a me
senza operare quanto desidero,
senza aver compiuto ciò
per cui l’avevo mandata.
Ogni mia parola, ogni mia parola.
Dal Vangelo secondo Matteo (6,7-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Io ne ho visti di quei libri tutti sgualciti, trovati magari in fondo ad un comodino, pieni di immagini sacre, messe lì a tenere il segno o forse perché sul retro hanno ancora altre preghiere da dire. E anche pregare con la «Liturgia delle ore», tenendo ancora tra le mani il libro dalle pagine finissime o spesso, più comodamente, leggendo ove capita e tramite un’applicazione, dallo schermo di un cellulare. Che illusione pensare d’aver pregato solo per aver letto o detto preghiere a memoria (magari di corsa per arrivare a recitarle tutte). Anche leggere parole da questo blog o da altri, facendo incetta di parole può essere illusione d’aver pregato. Tutto questo semmai non è che la soglia, una porta o solo la maniglia della porta. Oltre c’è una stanza silenziosa, di poche parole, da non sprecare. È la differenza che passa tra mangiare voracemente e assaporare lentamente.
Santa Teresa di Gesù Bambino vedeva la preghiera come «uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia». La preghiera ha il sapore di un atto di abbandono, non soltanto nel verso di chi lascia al Signore la cura della propria vita e delle proprie necessità. Ci arrovelliamo, ci lasciamo sconvolgere e proviamo sconforto davanti agli avvenimenti quotidiani e rischiamo per rivolgere al Signore una preghiera agitata. Quello che ci sconvolge sono i nostri pensieri e ragionamenti. Occorre davvero non sprecare parole per giungere all’abbandono da cui poi, proviene l’ascolto.
Nel suo splendido racconto «La notte di fuoco», ambientato nel deserto, Eric-Emmanuel Schmitt scrive: «Ci sentivo troppo. Il minimo suono, che fosse un respiro, un sospiro, un tintinnio di gavette, uno sputo di dromedario o il semplice rumore dei passi, mi aggrediva le orecchie. Quando qualcuno parlava, anche a distanza, percepivo tutto, compreso il respiro dietro le parole, compresa la sua sete dietro le formule banali. Il silenzio dell’immensità dava ai rumori una presenza intensa, quasi indecente. […]
Schiacciandosi al suolo si sottometteva all’Infinito, si ricollocava nella sua umile posizione di animale effimero, si purificava delle meschinità e futilità umane. Rendeva grazie. Ringraziava Dio di essere vivo e gli chiedeva la forza di agire sempre per il meglio. Ormai provavo anche io il bisogno di quell’igiene spirituale e, per la prima volta, imbarazzato e timido, mi misi a pregare. Non sapevo come fare… così, per riflesso imitativo, mi inginocchiai e giunsi le mani di fronte al tramonto. All’inizio troppe idee si accavallano. Pensavo solo a me stesso, rimanevo al centro. Poi, come se la preghiera di imponesse sulla mia preghiera, cominciai a distaccarmi, a lasciarmi alle spalle desideri, recriminazioni e lirismo per diventare traslucido, aereo. Mi sbarazzavo di me stesso. Annullandomi raggiungevo una pace di cui non ero l’origine».
Credo che la preghiera non è tutto,
ma che tutto deve cominciare dalla preghiera:
perché l’intelligenza umana è troppo corta
e la volontà dell’uomo è troppo debole:
perché l’uomo che agisce senza Dio
non dà mai il meglio di se stesso.
Credo che Gesù Cristo,
dandoci il «Padre nostro»,
ci ha voluto insegnare che
la preghiera é amore.
Credo che la preghiera
non ha bisogno di parole,
perché l’amore non ha bisogno di parole.
Credo che si può pregare
tacendo, soffrendo, lavorando,
ma il silenzio è preghiera solo se si ama,
la sofferenza è preghiera solo se si ama,
il lavoro è preghiera solo se si ama.
Credo che non sapremo mai con esattezza
se la nostra è preghiera o non lo è.
Ma esiste una prova infallibile della preghiera:
se cresciamo nell’amore,
se cresciamo nel distacco dal male,
se cresciamo nella fedeltà alla volontà di Dio.
Credo che impara a pregare
solo chi impara a tacere davanti a Dio.
Credo che impara a pregare
solo chi impara a resistere
al silenzio di Dio.
Credo che tutti i giorni
dobbiamo chiedere al Signore
il dono della preghiera,
perché chi impara a pregare
impara a vivere.
Bene, anche oggi don Stefano sei riuscito a stravolgere qualche mia certezza, ma va bene così se questo serve ad aiutarmi a riflettere su argomenti importanti.
La mia preghiera?
A volte recitando a memoria, ma poi mi perdo nei miei pensieri, a volte rivolgendomi al Signore con parole mie, ma poi finisce che parlo troppo.
Affidarmi a Lui?
Penso di averlo fatto qualche volta, come quando siamo tornati dal funerale di nostra madre e, guardando mio papà e le mie sorelle più giovani, mi sono detta “e adesso cosa faccio?
Tante cose da fare in casa non mi lasciavano molto tempo per la preghiera, ma mi bastava un’invocazione di aiuto… e l’aiuto arrivava.
O come quando , in un momento di crisi, mi sono rivolta al Sacro Cuore, raffigurato in un quadro, piangendo…ma poi sì che è arrivata la consolazione!
Non so se questa è preghiera, forse sì, adesso spero di aver capito che se anche non riesco a dire niente, se anche le preghiere recitate mi escono a fatica, meglio tacere e aspettare con fiducia di sentire, come il profeta Elia, la presenza di Dio nella brezza leggera.
Oppure prendere, dalle tante belle preghiere o scritti o commenti, una parola, una frase che mi ha colpito e fare “risonanza” perché nel cuore canti e il cuore possa ringraziare…
TUTTO è preghiera se è OFFERTO. Badare alla casa, al marito, ai figli e nipotini. Leggere un libro e cercare di trarne beneficio. Ritagliarsi un po’ di tempo per sé, perché – come ho già scritto – l’ anima parla sempre. Stare in silenzio e ascoltare il cinguettio degli uccellini mi fa pensare alla Creazione. Ma partecipando alla Messa si ha un di più: si recita la preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro e in quella unità sacramentale non è così difficile intravedere la Sua Presenza, la carezza del Nazareno.