Per un pugno di grano
(Es 11,10-12,14 / Sal 115 / Mt 12,1-8)
Si commuoveva nel vedere folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Fu preso da quel sentimento che noi chiamiamo compassione. Compassione traduce un verbo greco che ha a che vedere con i movimenti di un grembo che sta per dare alla luce, che deve aggiungere vita. Da quelle parti, ad altezza di ventre o poco più su, senti anche i morsi della fame: una sottrazione di forze che toglie energia alla vita.
Per quella compassione verso le folle stanche egli stesso si propose come luogo di riposo e di ristoro. Per quella compassione verso i peccatori esclusi dalla vita, egli si sedeva a tavola con loro senza troppo guardare alle leggi religiose. Conosceva il comando del riposo sabbatico ma spesso andò oltre per salvare vite invece che perderle. Ogni volta sembrava un’infrazione. Per Lui, invece, era pieno compimento della legge.
L’invito al riposo – Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro (Mt 11,28) – offre all’evangelista Matteo l’occasione di aprire un argomento non ancora trattato nel suo Vangelo, una questione assai spinosa per gli avversari di Gesù: il sabato. Un buco allo stomaco dei discepoli improvvisamente detta legge: ebbero fame. Non esitarono, già che passeggiavano per campi, a procurarsi qualche chicco di grano nella mano così da sgranocchiarselo sotto i denti.
Si sollevò un polverone perché era di sabato. Raccogliere grano è un lavoro e dunque, anche quel semplice gesto di strappare qualche spiga per togliersi la fame, lo era. Portarono quei chicchi di grano al mulino del corpo – i denti – e al solo sapore del grano, parve loro di mangiare del pane. Non c’è poesia per i farisei: quei discepoli di fatto hanno lavorato in giorno di sabato, non hanno rispettato il comando che ordina il riposo.
Cos’era mai diventato il sabato per quei farisei osservanti? Probabilmente un giorno in cui essere ancora più intransigenti, un giorno in cui legarsi ad una stretta e rigida osservanza mentre quello doveva essere il giorno che ricordava la liberazione da ogni forma di schiavitù. Ora, se colui che va salvato in vista della sua libertà è precisamente l’uomo, anche la fame può imprigionare l’uomo e togliergli la libertà di vivere. Evidentemente occorre averla provata sul serio la fame per capire quanto possa essere debilitante, quanto tolga le forze. Non c’è ragione di irrigidirsi dentro regole religiose, se mangiato qualche chicco di grano, l’uomo riprende vigore ed egli è libero da tutte quelle paure che lo attanagliano e lo imprigionano. La fame innesca la paura di morire. L’Egitto – come recita un adagio rabbinico – è dentro la nostra testa, nel nostro cuore e davvero fu più facile far uscire Israele dall’Egitto che l’Egitto stesso dal cuore di Israele.
Misericordia non è sommaria clemenza per chi ha infranto regole, non è sanatoria o condono. Misericordia non è nemmeno fingere di non vedere; al contrario, è aprire ancora di più gli occhi per vedere quale sia il vero desiderio dell’uomo e per osservare come, grazie alla misericordia, si possa riprendere vita. E così, Gesù, Figlio dell’uomo, diventa signore del sabato, l’autentico garante del giorno che doveva richiamare alla memoria le grandi opere di Dio in favore dell’uomo. Signore non è colui che impone pesi opprimenti ai suoi simili ridotti a sudditi, ma colui a cui sta a cuore la vita dell’uomo.
Signore, siamo deboli, timorosi, piccoli.
Ma Tu vuoi servirti ugualmente di noi.
Facci entrare nel tuo lavoro e nel tuo riposo,
non permetterci di aver vissuto per niente.
Conosci quello che siamo,
sai che, tutti, abbiamo fame e sete di Te,
della vita e della salvezza che ci offri.
Concedici di essere forti in te.
Amen
Dal Vangelo secondo Matteo (12,1-8)
In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
O Dio, tu sei il Dio della mia vita,
appena sveglio penso a Te;
il mio cuore sente il bisogno di lodarti,
la mia mente medita la tua Parola.
Come terra screpolata dalla siccità
è l mia vita nella durezza del quotidiano,
per questo ogni mattina cerco in Te
l’acqua viva dello Spirito. […]
La tua parola è cibo abbondante,
l’Eucarestia un banchetto di comunione;
celebrarla assieme ai fratelli
mi è di sostegno per l’intera settimana.
Anche alla sera ti invoco, Signore,
o a tarda notte, finito il lavoro,
quando mi avvolge la quiete e il silenzio
e ripenso alla giornata trascorsa.
Cerco i lineamenti del tuo volto
nei volti delle persone incontrate;
gusto la tua presenza d’amore
nei fatti dell’operosa quotidianità.
Così la lode mi ritorna alle labbra
e con essa il perdono e la pace.
Signore, mio compagno di viaggio,
tu dai gioia e serenità alla mia vita.
(dal salmo 62, trascritto da Sergio Carrarini)
Signore togli l’Egitto dai nostri cuori, strappalo nel tuo Nome così che possiamo vivere la libertà del Sabato.