Postura da oppressi
Spirito Santo, Luce interiore,nella terra travagliata della nostra vita, vieni a deporre un’umilissima fiducia in Te. Così vorremmo accoglierti con molta semplicità, come poveri del Vangelo.
(Frère Roger di Taizé)
Dal Vangelo secondo Luca (13, 10-17)
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
Il nostro cammino pare farsi nuovamente tortuoso, in salita, fatto di nuove soste necessarie seppure imposte e non da tutti accettate con obbedienza, che non va mai confusa con una passiva e rassegnata sottomissione. Ad ascoltare profondamente, nell’obbedire c’è sempre celata una confessione di fiducia: ci viene sempre chiesto qualcosa che siamo in grado di poter fare. Quanto possa pesare, questo sarebbe già un altro discorso.
Mi ritornano alla mente le parole con cui inizia proprio il Vangelo di Luca: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Lc 3,4). E così banalmente mi chiedo se stiamo raddrizzando sentieri oppure stiamo disegnando curve sempre più strette. Ahimè, non possiamo dire con esattezza se questa strada che stiamo percorrendo ha una traiettoria lineare o tortuosa. Da vicino pare tutto così indefinito. Forse col passare del tempo, avremo maggior consapevolezza del percorso fatto.
La strada si fa a curve e la schiena dell’uomo, quando è oppresso da molti pesi si storta e si piega. E allora noi siamo quel sentiero che va raddrizzato… dove stavamo andando? potremmo chiederci in verità. Che direzione aveva preso la nostra esistenza per esserci allontanati tanto dal Bene, per aver perso in così poco tempo la salute? In realtà non è breve neppure il tempo che ci ha portato al punto in cui siamo. È proprio questo che ci rovina e ci piega… non abbiamo mai la percezione che ad ogni passo falso o ad ogni movimento inadeguato, la nostra postura è a rischio.
Diciotto anni non sono diciotto mesi, né giorni, né ore. Diciotto anni: tanto era il tempo della sofferenza che incombeva sulla schiena di quella povera donna. Ogni giorno che passa pesa ulteriormente sulla sua condizione. Urge un’intervento. Non si può più aspettare. A leggere le pagine della Bibbia (o anche solo le vicende del libro dell’Esodo come stiamo facendo nella comunità parrocchiale durante la catechesi degli adulti), pare proprio che Dio non indugi ad intervenire. Certo non interverrà nel modo che a noi parrebbe più congeniale e umanamente meno impegnativo. È necessario anzitutto uno sguardo che sappia vedere. Ode il grido, si china a vedere e discende. Questo è il movimento che fa Dio: ascolta e si abbassa, vede e interviene. Gesù non dovrà fare altro che ripetere queste medesime azioni.
C’è tuttavia un problema. È shabbat: il giorno in cui non si può lavorare. E guarire nel corpo o nell’animo, imponendo le mani, è pur sempre un lavoro. Dunque ci sarebbe da aspettare ancora. Solo un giorno. Cosa ti cambia? Hai aspettato diciotto anni! Cambia che è stato stravolto il vero senso di quel giorno che da sempre deve rimanere il giorno in cui il popolo di Israele, ricorderà la liberazione dall’oppressione del faraone d’Egitto. È quindi il giorno per ricordare e celebrare i grandi interventi di Dio in favore del suo popolo che, dopo cammino tortuoso ed enigmatico, si scoprirà salvato. Per quella donna non è più shabbat da un bel po’ di tempo e le risulta davvero difficile lodare Dio per tutte le liberazioni compiute quando lei si trova ancora così.
Ma Gesù non può aspettare un solo istante per amore di quel Dio di cui dovrà semplicemente dare testimonianza con le sue azioni, e per amore del prossimo che è quella donna da raddrizzare prontamente e pure quel popolo che quasi dimentica che quel santo giorno è da dedicare alla lode per il Signore.
L’episodio evangelico di oggi, si conclude con un’annotazione: la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. L’esultanza della folla fa eco allo stesso canto che risuona nella donna ormai guarita. A noi che associamo la parola “urgenza” soltanto alla pronta consegna di qualche nostro acquisto o alla gravità dei nostri malanni quando siamo al pronto soccorso, viene ricordato che il vero lavoro, l’opera bella e redditizia in termini di pace interiore – che si riverbera perfino sulla nostra postura esteriore – è precisamente questa esultanza per tutte le meraviglie compiute da Dio. Non dimentichiamo le opere del Signore, le meraviglie da lui compiute altrimenti rischiamo veramente di ripiegarci su noi stessi e su questo tempo per molti alquanto angosciante.
A onor di questo segno operato da Gesù nel Vangelo, durante il primo Concilio di Nicea (quello, per intenderci, che definì il Credo o “Simbolo degli apostoli”) tra i diversi pronunciamenti ce ne fu uno abbastanza singolare: venne vietato a tutti i fedeli di inginocchiarsi durante la Messa da Pasqua fino a Pentecoste per ricordare di questo sollievo portato da Dio al suo popolo. Più nessuna oppressione, più nessuna curvatura… nemmeno nelle ginocchia. Dio raddrizza sempre ciò che è curvo e sviato.
Io non so pregare.
Non riesco nemmeno
a concepire l’idea di una preghiera,
ma quando il cuore mi parla
e rivolgo gli occhi in cielo,
allora so per certo che Dio c’è
e che mi tende la mano:
non mi fa sentire solo.
Vorrei dirgli che mai
come in questi momenti
suoi occhi, le sue mani ed il suo respiro
devono essere rivolti a questa terra martoriata
e a noi che forse diamo tutto per scontato,
che siamo causa del male che creiamo,
che probabilmente avremo poco tempo
per capire davvero
cos’è la speranza e la sua misericordia.
Stiamo combattendo una guerra silenziosa
contro un nemico invisibile, subdolo:
quanta gente muore…
quanti saranno toccati e quanti si salveranno?
Io ho paura che pian piano questa minaccia
inquinerà sempre più le nostre vite
condizionandole e rendendoci schiavi
di tutto il male che abbiamo partorito,
volontariamente.
Il mio cuore si è svegliato, è una ribellione,
vuole pace, vuole amore, vuole serenità.
Non vuole annegare nell’angoscia
ma al contrario volare leggero.
Dio Aiutaci! Liberaci da queste catene!
(preghiera anonima scritta e ricevuta da amici proprio ieri sera, 25 ottobre 2020)
“Ho contemplato, Dio, le meraviglie del tuo amore”.
Che invito questo versetto! Tutta la nostra storia attraversata dall’amore di Dio per noi!
Ma per contemplare bisogna alzare la testa spesso china solo su noi, alzare lo sguardo per incontrare chi ci sta vicino, per vedere quanto di bello c’è intorno a noi, guardare il cielo pensando alla Patria futura…
Vieni Santo Spirito raddrizza ciò che è sviato…
così recitiamo nell’inno per invocare lo Spirito.
Allora vieni, guarda tutte le nostre storture, aiutaci tu a raddrizzare la nostra vita.
Amen
Gesù, Tu mi guardi, Ti accorgi di me, come hai visto la donna con il corpo curvato e che con il Tuo amore hai liberato.
Signore, quante volte il mio corpo è curvo, il mio sguardo è fisso per terra, incapace di guardare il cielo.
Donami la speranza riscatta la mia anima dal peccato, affinché riceva grazia e perdono.
Credo che sia già preghiera, rivolgere gli occhi al cielo e in questo gesto, non sentirsi soli…
Condivido i sentimenti degli amici anonimi e mi unisco alla loro invocazione.
Pensiero di Santa Teresa di Lisieux.
O Signore, è proprio vero che tutto il danno ci viene dal fatto di non tenere gli occhi puntati su di Te.