Potenti o precari?
(Giac 3,13-18 / Sal 18 / Mc 9,14-29)
Bendigo al Señor porque escucha mi voz,
el Señor es mi fuerza, confia mi corazón.
Benedico il Signore perché ascolta la mia voce,
il Signore è la mia forza, il mio cuore confida.
Dal Vangelo secondo Marco (9,14-29)
In quel tempo, [Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, scesero dal monte] e arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro.
E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono.
Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!».
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando, e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».
Dal monte sul quale ogni cosa pareva trasfigurata dalla Parola, si ridiscende a valle. Da lontano pare di sentire un gran vociare, un discutere concitato attorno a quell’incapacità dei discepoli di guarire un ragazzo posseduto da uno spirito muto e sordo. Se il racconto della trasfigurazione pare già una rilettura della vicenda pasquale di Gesù, questo episodio potrebbe perfino rappresentare il tempo che seguì la Pasqua, il tempo della missione affidata ai discepoli stessi, missione che dovette fare i conti, fin dall’inizio, con una certa incapacità di risolvere il problema del male che affligge l’uomo.
In effetti sono ancora molti i mali che affliggono l’umanità, da non sapere neppure da dove iniziare. C’è sempre nell’uomo una resistenza a Dio, alla sua rivelazione. Non è di certo sempre esplicitata ma la si trova iscritta nella convinzione dell’umano potere. I discepoli, forti del fatto che Gesù stesso aveva dato loro il potere sugli spiriti impuri, credevano di risolvere la questione con grande facilità. È così che noi crediamo quando ci viene dato un potere. Avere un potere invece può essere proprio l’occasione per sperimentare quanta incredulità ci abita. I discepoli, anch’essi, devono comprendere che il potere di scacciare demoni non è indice di autonomia o indipendenza. La preghiera non può mancare nemmeno sulle labbra di chi ha il potere altrimenti questo potere è illusione, è idolatria. La preghiera è espressione di una coscienza umana di precarietà, quand’anche avessimo ricevuto il potere di fare qualcosa.
È sempre bene ricordarci – attraverso la preghiera – la nostra precarietà. L’invito rivolto a noi da Gesù, proprio nel Vangelo di ieri, a pregare per i nemici suona proprio come un’invito a prendere coscienza di quanto siano fragili e precarie le nostre relazioni, i nostri legami… trasformare l’uomo parlante in uno spirito muto e sordo è un attimo. La preghiera serve davvero per tenere aperto il canale dell’ascolto e del dialogo. Altrimenti siamo noi pure sordi e muti. Il padre di questo ragazzo fa di questa impossibilità l’occasione di aprirsi al possibile di Dio, mentre i discepoli, forti della loro convinzione di potere, si chiudono al possibile.
Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.
Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?».
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
(salmo 4, 1-4.7)
Se siamo attenti ai movimenti ed alle azioni di Gesù, noteremmo che i Vangeli puntualmente riportano i momenti nei quali Gesù si ritirava a pregare.
Oppure quando veniva chiesto il suo intervento per guarire, sfamare corpi e spiriti, alzava gli occhi al cielo, invocava e benedica.
Questo modo di agire di Gesù ha fatto sorgere in me una riflessione, così come il commento di oggi di don Stefano.
Ancora una volta dico a me stessa che le cose le ho lì chiare sotto il naso ma non ci arrivo.
Che bisogno ha Gesù di pregare se è il Figlio del Padre?
Allora mi dico che non era preghiera, come la intendiamo noi, ma dialogo con il Padre e detto così cambia tutto.
Dialogava con il Padre e io immagino gli raccontasse forse come si sentiva a vivere la nostra condizione umana con i suoi limiti per cui la richiesta al Padre del suo aiuto attraverso questo “dialogo/preghiera” per svolgere la sua missione.
È bello pensare Gesù in così stretto contatto con il Padre e, se l’ha fatto Lui, a maggior ragione dobbiamo farlo anche noi.
Trasformare la preghiera in un dialogo forse per noi non è facile perché siamo abituati a ripetere a memoria formule a noi note. Che non è sbagliato, (mi si tirino le orecchie se sto dicendo una stupidaggine) ma lo ritengo incompleto, manca quella parte spontanea dove noi ci raccontiamo a Lui in tutte le nostre fragilità, anche se ci conosce a fondo, allora diventa veramente un colloquio figlio/a – Padre e Gesù fratello.
Sono convinta che al Padre piaccia molto.
Forse ho sperimentato qualcosa di questo genere perché spesso la mia preghiera è fatta di racconto/dialogo dove ci infilo tutto: domande sulla vita, richieste, ringraziamento, etc.
Senza voler insegnare niente a nessuno, io posso dire che quando prego in questo modo ho dei ritorni, delle risposte in forma di pensieri ispirati dallo Spirito.