Profeti: parola e sangue
(Rm 3,21-30 / Sal 129 / Lc 11,47-54)
Non smetteva mai di mandare profeti, uomini certi di Dio, uomini dalle cui labbra uscivano parole infuocate. Come Mosé imparò ad ascoltare la voce di Dio in un roveto ardente, così il popolo poteva continuare ad ascoltarlo nelle parole piene di passione di tutti i profeti della storia. E loro, gli uomini, sempre intenti a costruire templi, edifici per il culto o, peggio, mausolei che celebrassero la grandezza di personaggi che, mentre erano in vita, non facevano altro che sminuire, non ascoltandoli.
Una storia, quella dei profeti, che si ripete sempre allo stesso modo. Fanno sempre una brutta fine i profeti ma ciò che rimane è il loro sangue versato, la loro vita donata. Il loro sangue ci parla dell’infinita pazienza di Dio che non si stanca di parlarci e di farsi conoscere.
I profeti ci aiutano a non sbagliarci su Dio, perché troppo spesso pensiamo che Egli sia da difendere in una struttura o in un apparato, mentre Egli, come il sangue, scorre nelle vene in quel tempio che è l’uomo stesso. Uccidevano i profeti per far tacere la Parola, per non doverla più ascoltare, senza sapere che facendo così anche scribi e farisei, che pensavano di avere in mano le chiavi della conoscenza, restano essi stessi privi di questa possibilità di entrare nel cuore della relazione con Dio.
In questo tempo siamo chiamati ad ascoltare e interpretare una certa tensione verso un mondo nuovo; si tratterà sempre – per ogni generazione – di saper rinnovare la propria identità di credenti: che sappiano abbattere tutte le barriere, accogliere e condividere, essere donne e uomini di senso e non semplicisticamente del dissenso o del consenso. Comunità con un’identità da spendere al di là di ogni confine, convenzione o convenienza.
Scriveva Ernesto Balducci: «È vicino il giorno in cui si comprenderà che Gesù di Nazareth non intese aggiungere una nuova religione a quelle esistenti ma, al contrario, volle abbattere tutte le barriere che impediscono all’uomo di essere fratello dell’uomo e specialmente all’uomo più diverso, più disprezzato. Egli disse: quando sarò sollevato da terra, attirerò tutti a me. Non prima, dunque, ma proprio nel momento in cui, sollevato sulla croce, egli entrò nell’angoscia ed emise il suo spirito, spogliato di tutte le determinazioni. Non era più, allora, né di razza semitica, né ebreo, né figlio di David. Era universale, com’è universale la qualità che in quell’annullarsi divampò: l’amore per gli altri fino all’annientamento di sé» (L’uomo planetario, Giunti, Firenze, 2005)
Spirito Santo,
dono del Cristo morente,
fa’ che la Chiesa dimostri
di averti ereditato davvero.
Trattienila ai piedi di tutte le croci.
Quelle dei singoli e quelle dei popoli.
Ispirale parole e silenzi,
perché sappia dare significato
al dolore degli uomini.
(don Tonino Bello)
Dal Vangelo secondo Luca (11,47-54)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l’amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell’abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d’amore!
E sentiremo i brividi della Pasqua.
(don Tonino Bello)
La preghiera deve essere il compimento della Vita nell’Eterno di Dio, nel Suo Verbo, nella Sua Parola, nella Sua Vita Gesù Cristo, nella Sua Verità, nella Sua Giustizia e nel Suo Amore. La Preghiera è Parola di Dio sempiterna, come spada è la Parola e la Santità di Dio, Padre Buono che cresce ed educa Bene i Suoi figli.
L’Amore non si può insegnare, si deve imparare. Allora va fatto l’Amore, la Vita Compiuta è l’Amore, e il Compimento è la Parola di Dio di migliaia di anni, Compiuta da Gesù Cristo in tre anni e versata in noi in tre giorni.
Se la Sua Vita, la Sua Verità, il Suo Spirito e la Sua Anima sono in noi, allora noi non possiamo nasconderci, ma solo fuggire. La Preghiera ci dona la forza dell’Amore che chiediamo, ma le nostre azioni nello Spirito Santo la realizzano e il Padre Nostro ce lo concede.
Perché pregare è chiedere a Dio Padre di farci quello che Gesù Cristo chiede a noi di fare.
A Gesù, a Maria possiamo chiedere tutto, anche la conversione dei cuori degli altri, ma dobbiamo Amare amaramente l’Amore per questo e deve essere la volontà del Verbo eterno di Dio Padre, la Verità, non quella che spera l’uomo ma quella che Vuole Dio Padre.
Il Signore chiede la Sua Volontà dentro e attraverso la santità dei suoi figli, il Signore ci Chiede di Compiere la Sua Parola, se questa è la risposta alla nostra Preghiera, allora sia fatta la sua Volontà: noi siamo martiri, testimoni della Sua volontà là dove il Signore vuole.
Dopo la Sua risposta, la risposta del Vangelo di Gesù, è bene chiedere ancora?
Sì, per colmare la nostra paura, ma non cambierà mai la risposta: la Verità è la Parola di Vita Eterna.
Preghiamo per il nostro coraggio dell’Amore, per la forza dell’Amore, per compiere noi l’Amore, la Vita. Portiamo Cristo dentro di noi, preghiamo che venga a salvarci, ma siamo noi a dover portare la croce adesso, e Gesù Cristo è in noi, con noi e per noi, per sempre.
Chi eredita l’Amore riceve Gesù Cristo, chi non conosce l’Amore deve conoscere Cristo in noi, la nostra Vita e il Verbo di Dio proclamato alla Vita. Nessun figlio di Dio in Gesù si nasconde con Cristo dentro di sé, non gli è concesso se non fuggire.
Profeti moderni, stesso trattamento.
Penso a don Fausto, a come tutti lo stanno celebrando dopo la sua morte.
Eppure a qualcuno ha anche dato fastidio il suo impegno per gli ultimi, il suo occuparsi dei più disgraziati, quando “tante altre ‘brave persone’ hanno bisogno” ….