Provare Dio o provare a vivere?
IV domenica del Tempo Ordinario (B)
(Dt 18,15-20 / Sal 94 / 1Cor 7,32-35 / Mc 1,21-28)
O Padre, che hai inviato il tuo Figlio
a insegnare con autorità la tua via
e a liberarci dalle potenze del male,
fa’ che sperimentiamo l’intima gioia
di affidarci unicamente a te,
per testimoniare con la vita la nostra fede.
(orazione di colletta dalla liturgia odierna)
Dal Vangelo secondo Marco
(1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Da queste parti la ricerca è uno dei più grandi campi di impegno dell’essere umano: tecnologie, ricerche in campo medicale, farmaceutica, ingegneria per citarne solo alcuni… i numeri supportano questa ricerca. I numeri dei costi e dei guadagni; i numeri delle statistiche e i numeri degli algoritmi. Tutto – o quasi – si prova sull’osservazione empirica, sulla sperimentazione, nello studio delle casistiche… e tutto concorre a cercare prove e un discreto numero di prove attesta che qualcosa esiste, che un processo funziona… e dunque lo studio sperimentale viene adottato e diventa fondamento per la ricerca che continua la sua corsa e che darà continuità alla ricerca stessa.
Si potrebbe pensare che avere il pensiero delle cose di Dio da queste parti sia qualcosa di superato… soprattutto per il fatto che una mentalità empirica e scientifica rischierebbe di pensare a Dio come di qualcosa che si debba assolutamente dimostrare. Anche l’uomo nostro contemporaneo a modo suo tenta Dio nel senso che da Lui si vorrebbero numeri da studiare, molecole da scomporre… fino a poterne certamente affermare l’esistenza servendoci di processi e protocolli che usiamo ormai quotidianamente senza nemmeno più rendercene conto.
Da queste parti chi crede e provasse a praticare la propria fede anche fuori dal contesto domenicale rischia d’essere guardato con un certo sospetto. Come puoi tu che vivi di osservazioni pratiche credere in qualcosa – o qualcuno? – che non può essere osservato? Sullo sfondo poi di questo sospetto c’è pure l’idea che Dio nessuno lo ha mai visto e che per vederlo non ci resta che morire. E ovviamente, solo se sapremo vivere bene osservando la Legge – ci dicevano con ferma convinzione – ci potremo post mortem saziare della più beata delle visioni: Dio stesso.
Desideriamo provare l’esistenza di Dio ma non siamo mai pronti a morire per vederlo così come Egli è. Mi pare un bel corto circuito che nulla ha di nuovo. Sembrano cose di altri tempi, già scritte nelle pagine di un vecchio Libro che pure dice cose sempre nuove, che suonano ancora oggi agli orecchi di molti come qualcosa di nuovo, di inaudito.
Voler provare ad ogni costo l’esistenza di Dio è sempre in qualche modo mettere Dio alla prova. Anche il popolo nel deserto, mentre camminava verso la proprio liberazione, cerca prove concrete dell’esistenza di Dio, prove tangibili della bontà di quel cammino e quando il cammino giunge in un luogo dove non c’è acqua da bere e il popolo ebbe sete, subito si pensò che quella fosse la strada sbagliata e che Dio fosse all’opera per farli perire più che per portarli in salvo e liberarli dal male.
C’è tuttavia qualcosa di inaudito tra terra e cielo, tra noi e Dio. L’inaudito è proprio l’annuncio della sua incarnazione. Non basta certo la geografia dei luoghi o l’archeologia biblica per dire che Dio s’è fatto uomo. Saremmo ancora invischiati nel cercare prove inconfutabili. Dio s’è fatto uomo non certo per imporre all’uomo la sua presenza ma per rivelare una possibilità che cioè l’umanità di ogni persona che crede e vive della sua Parola, possa essere il luogo dove Dio si fa incontrare.
Cosa sei venuto a fare in mezzo a noi? È la domanda di un uomo posseduto da uno spirito impuro. Questa domanda non è diabolica. È una domanda umanissima e se sappiamo superare l’apparente diffidenza, questa domanda chiede piuttosto conto di una presenza già percepita. Se Dio fosse dimostrabile allora potremmo credergli… tale è il nostro approccio, antico o moderno che sia. Ma se Dio è in mezzo a noi – che lo vogliamo o no – la questione allora è davvero un’altra. Che cosa c’è venuto a fare? Per quale ragione egli è venuto tra noi? Qual’è il motivo che abbia spinto Dio ha migrare da sé?
Quel giorno era sabato, il giorno in cui il pio credente praticava la sua fede, aderendo ai culti richiesti… dentro un rito, una liturgia e una cerimonia ben definiti e ben strutturati, si ode una parola che ha in sé una forza e un’autorevolezza mai udite prima. È la vita stessa di Gesù che parla: è il suo continuo essere per l’uomo che rende autorevole quell’insegnamento. Cosa dunque è venuto a fare tra noi il Santo di Dio? Noi che ancora continuiamo a distinguere il santo dal peccatore e il santuario dal mondo circostante… stentiamo a credere che se Dio è con noi è proprio per far gridare quegli spiriti impuri che ci trattengono dal vivere come Lui.
Spirito impuro poi è ogni preoccupazione che ci può assalire o occupare tempo, mente e cuore… Spirito impuro è perfino la paura che Gesù di Nazareth sia venuto a rovinarci, a farci saltare qualche schema dentro il quale ci piace rinchiuderci e continuare a guardare la vita, senza accorgerci quanta morte ci sta soffocando. Il vecchio Simeone, nel vangelo di Luca che ascolteremo nella festa della presentazione al Tempio di Gesù che celebreremo il prossimo 2 febbraio, già disse a Maria che quel Bambino era lì per la rovina e la resurrezione di molti in Israele. E, ironia della sorte o di ogni credenza, l’uomo che pieno di Spirito santo fece una tale profezia, aveva saputo che non avrebbe visto la morte senza prima aver visto il santo di Dio.
E dunque eccoci… proprio noi, vivi di una vita che non sappiamo bene cosa sia. Eccoci, noi in presenza di Colui che ci ha detto le Parole che Dio ha chiesto di recapitarci. Egli è venuto per la rovina e la resurrezione. Egli è venuto per sconvolgere i nostri piani, se preferite. La fede non è consolazione per deboli, non è oppio di popoli. La fede è coraggio e al contempo umiltà per chi si lascia rimettere in questione da un Dio che – come diciamo rinnovando la nostra fede – per noi uomini e per la nostra salvezza s’è fatto uomo. Se dunque uno spirito impuro tace e finalmente si decide ad uscire dall’uomo di cui s’era impossessato è perché un altro Spirito più forte del primo vi ha preso dimora. Cosa celebriamo nella nostra fede, per quanto debole, dubbiosa o fragile che sia, se non questo Spirito datore di vita, se non questa Parola più potente che comanda e tutto esiste, se non quella Luce che splende nelle tenebre, quella Misericordia che riapre cammini?
Devi sapere che il verme
non dice nulla alla terra su cui striscia
e la nuvola ignora
di essere la madre della pioggia.
Dovremmo congedarci subito
dalle nostre futili arroganze.
Siamo tutti povere ignoranze.
Prima di morire
informatevi sulla vita,
chiedete in giro;
provate e riprovate
in tutti i modi
se fa per voi.
(Franco Arminio, Canti della gratitudine, 2024)
Ho avuto una preziosa occasione: ascoltare queste parole!
L’ ascolto del contenuto di questo scritto ha evocato in me un periodo del mio passato, anche io ho cercato le prove dell’ esistenza di Dio, un’ indagine meticolosa a tratti accanita, risultata inutile e vuota, ho dedicato energie e tempo ad un percorso di ricerca che mi portava su strade senza via di uscita, ritornavo sempre al punto di partenza, un circolo vizioso e paradossale. Poi ho capito. Non so spiegare come sia avvenuto, ho semplicemente colto che basta rifarsi all’amore: l’amore lo senti, lo abbracci, lo segui, ti ispira, lo vivi e ti fa vivere. L’Amore va vissuto e accolto nel quotidiano, così diventa “visibile” e non c’è nessuna necessità di dimostrarne l’esistenza.
Da che ho letto questa riflessione la mia mente è immediatamente corsa a ripescare questo frammento:
(…)
se il nostro cuore
talvolta è immenso, se le
stelle nascono, se è vero che nascono
anche adesso, se siamo polverine allo sbaraglio, catenelle smagliate,
benedico ogni centimetro d’Amore ogni
minima scheggia d’Amore
ogni venatura o mulinello d’Amore
ofni tavola e letto d’Amore,
l’Amore benedico
che d’ognuno di noi alla catena
fa carne che risplende.
‘Amore che sei il mio destino
insegnami che tutto fallirà
se non mi inchino alla tua benedizione’.
(tratto dalla raccolta “Chioma” di Mariangela Gualtieri)
Qualche volta siamo confusi e non vediamo il senso della fede. È come vivere sotto un cielo grigio. Ecco che poche parole squarciano le nuvole e ci danno forza: Lo Spirito Santo, la Parola di Dio, la Luce e la Misericordia. Grazie
Chi ha fede non si pone molte domande: “Ma Dio esiste?”, “Ma io non l’ho mai visto”… e quant’altro. Chi ha veramente fede crede al Mistero. Il Mistero non è spiegabile ad esempio scientificamente o in altri modi. O uno crede all’esistenza di Dio e alla presenza nella sua vita, o si accontenta di vivere una vita “vuota”, priva di ogni significato.
Un canto che proviamo a cantare insieme ogni domenica in attesa della Prima Comunione “l’aria sulla quarta corda di Bach” su cui i piccoli cantori di Milano hanno registrato una meravigliosa melodia di Natale. Forse sarà ingenuo o banale ma ripetere e cantare “in ogni cosa Dio c’è” spero possa aiutare a scorgerLo davvero in ogni cosa. E quante volte guardando il cielo di giorno, all’alba o al tramonto, o di notte il pensiero va a Lui? Così come in ogni gesto di bene? E magari dal vedere Lui in ogni cosa arriveremo a pensare un po’ più come Lui, a guardare il mondo e tutto ciò che ne fa parte, con il Suo sguardo amorevole, compassionevole e misericordioso.
Il Signore aiuti tutti e ciascuno in questo cammino, sentendo che Lui è con noi sempre.