Quei sassi a forma di cuore
In questo mondo che è tuo, Signore, perché tua è la terra e ogni cosa che essa contiene, in mezzo alle fatiche, le lotte, le agitazioni, donaci di stare davanti a Te, faccia a faccia, grati di guadagnarci il pane con le nostre mani, orgogliosi di operare per la continua venuta del tuo Regno. Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (21, 5-11)
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
In attesa che l’esercito imperiale facesse ritorno trionfante a Roma, capitale del regno, costruirono un portale d’ingresso per celebrare la vittoria di Tito durante la guerra giudaica. Anno Domini 70. Il celebre arco di trionfo racconta, scolpito a pietra, di una processione solenne. Il bottino è dettagliatissimo nel bassorilievo che racconta quei giorni di festa. Si vede una menorah, il grande candelabro a sette braccia che risplendeva nel Tempio di Gerusalemme. Un segno su tutti: il Tempio, per la seconda volta, è stato distrutto. Ad opera dei romani i quali ne avevano garantito pure la ricostruzione. Ma cosa importa? È propio un modo per affermare proprietà e supremazia: fare, disfare e rifare. Il tempio distrutto diventa bottino e perfino le pietre – bastava solo trasportarle – saranno un magnifico Colosseo.
A conferma di quanto già si diceva: i re di questo mondo hanno bisogno di distruggere e uccidere per dire che sono essi stessi i sovrani. «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Allora è Lui il profeta di sventura!? Se lo aveva predetto ed ora è accaduto… è subito individuato il capro espiatorio, colui che deve pagare per tutti! Ma poco ci vuole a capire che c’è sufficiente distanza temporale tra la morte di Gesù (che è precedente) e la guerra giudaica.
È vero tuttavia che una certa vena religiosa ha sempre pretesa di leggere certi eventi come se fossero segni dal cielo. E così Dio non sarebbe che ridotto al pari di tanti umani sovrani o déi pagani che altro non hanno da fare che muovere guerre, le quali non fanno che aggiungere tristezza a tristezza, dolore a dolore. Ed è cosi, dunque, che Dio sarebbe ancor più Dio? Nel colpire più a fondo? Nel prendere la terra e sbatterla come un tappeto ed è terremoto? Nel chiudere i rubinetti e non far piovere ed è siccità? O dimenticarsi aperto il rubinetto e allagare il mondo? No, certo! Lo so.. però… Però, ad esempio, il diluvio. Non il diluvio, infatti, ma la parola che chiedeva a Noè cose apparentemente strane in tempi non sospetti. Il segno non è nell’acqua che cade e ricopre la terra, ma nel cuore che ascolta e obbedisce quando ancora non s’erano addensate nuvole nere.
Questo passaggio di Vangelo è decisivo per noi, per comprendere che la fede non ha nulla a che vedere con l’ansia da segno e che credere non sempre è vedere Dio in ogni dove o in ogni cosa. Un po’ come quando camminando si trova un sasso per terra che pare avere la forma di un cuore. “Oh!!! Un segno che Dio mi ama!” vanno esclamando i più. Quanti la vedono così. Eppure se ne potrebbe dare anche una lettura differente: “Toglierà da voi il cuore di pietra e vi darà un cuore di carne!” (Ez 36,26). E quindi quel sasso a forma di cuore di cosa sarebbe segno? Quindi non tutto è segno univoco. Anzi, il segno spesso è ambivalente, ambiguo. Ti confonde. Come quelli che, già ai tempi delle prime comunità cristiane, si prendevano per un cristo redivivo, già che l’attesa era palpabile. E Lui, il Nazareno, ci aveva già avvertito di non seguirli. Uno solo è il Cristo e non tutto è segno. Piuttosto tutto è grazia.
Credere non sempre è leggere in ogni avvenimento che accade un messaggio di Dio. Ancor più se sono cose altisonanti o che rimbombano già per efferatezza o per forza naturale. Ci sono avvenimenti che piuttosto potremmo leggere al contrario: come segno di quanto l’uomo si illuda della sua forza e poi basta un terremoto, una carestia e una pestilenza per gettarlo nel panico e in questi umani sentimenti di confusione, di poca chiarezza, che serpeggiano nelle strade, nelle case, tra i banchi di scuola, tra le vetrine dei negozi, tra i tavoli vuoti dei bar o dei ristoranti… di chi non sa più chi deve ascoltare e come fare. Ma tutto questo non è segno che siamo alla fine. Ce lo ha detto Lui, Colui che noi ascoltiamo seppur in mezzo a questa umana sensazione di essere alla frutta, alla fine.
Donami un cuore semplice che tema il tuo nome.
Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.
(salmo 85, 11-13)
Apri tutte le porte, o animo, e spegni;
oggi spegni tutte le luci della notte,
accese allo scendere delle tenebre.
Non so quando un raggio di sole
oggi abbia fatto aurora.
Non c’è più bisogno di lampade di terra,
sono polvere e rimangono nella polvere.
Apri tutte le porte, o animo,
e spegni le luci della notte.
Taci, taci: non unire la tua voce
alle corde spezzate dell’arpa.
O animo, in silenzio, fermati fuori,
davanti alla tua porta.
Questa mattina ascolta
come il cielo, l’aria, la luce
per te cantano a gran voce.
Apri tutte le porte, o animo,
e spegni le luci della notte.
(Rabindranath Tagore)
Pongo l’accento sulle parole del profeta Ezechiele: “Vi toglierà il cuore di pietra e vi darà un cuore di carne”.
Questa sarebbe una grande grazia!
Avere un cuore di carne vuol dire essere invitati a vivere con consapevolezza sentimenti e atteggiamenti di gioia, gratitudine, preoccupazione, sollecitudine, rispetto, attenzione verso tutti e verso tutto e, perché no, anche arrabbiature, se servono a migliorare lo spirito.
Potremmo così vivere le nostre vicende umane come il normale divenire della vita, sotto lo sguardo di protezione e misericordia del Padre, forse allora incapaci di azioni malvagie.
Tra poco entriamo in Avvento, tempo di attese e speranze, chiediamo al Signore che si avveri ciò che ha promesso.
Egli è fedele, ricorda sempre la sua alleanza con noi. Amen.
Profonda spiritualità in quello che scrive qui. Sembra più un Monaco/Eremita che un Sacerdote. Chiesa del futuro: Contemplativa? E’ questo il futuro? Se si, benvenuta.
Nel Vangelo Marta e Maria sono protagoniste di un episodio a mio avviso interessante. Si trova in Luca 10, 38-42. E’ un episodio che, secondo me, ribalta un po’ il modo di pensare classico, tipico della società umana che dà importanza al fare materiale e dà poca importanza all’ascolto spirituale.
Te lo riporto: “Mentre era in cammino con i suoi discepoli Gesù entrò in un villaggio e una donna che si chiamava Marta, lo ospitò in casa sua. Marta si mise subito a preparare per loro, ed era molto affaccendata. Sua sorella invece, che si chiamava Maria, si era seduta ai piedi del Signore e stava ad ascoltare quel che diceva.
Allora Marta si fece avanti e disse: “Signore, non vedi che mia sorella mi ha lasciata da sola a servire? Dille di aiutarmi! Ma il signore rispose: Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose. Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via.