Incredibile movimento
Dietro casa, appena oltre la collina delle vigne, il cielo e la terra di ieri.
San Matteo, apostolo
(Ef 4,1-7.11-13 / Sal 18 / Mt 9,9-13)
C’è movimento nella nostra vita. Ogni singola giornata è movimentata. Spesso così tanto che a molti sembra di girare a vuoto, su se stessi, come trottole. La vita ha tutto un suo movimento che ha il sapore della crescita, il sapore dei giorni che si susseguono, uno dopo l’altro come le nuvole si rincorrono, si amalgamano, si fondono. Il cielo ieri, al risveglio, era terso, limpidissimo mentre verso sera – senza parole, senza linguaggio – il racconto era un altro (Sal 18). Occorre davvero saper udire il linguaggio segreto di ogni cosa, di ogni esistenza. Che cosa mi dice?
Ogni cosa sembra dire che dobbiamo seguire… il corso del tempo, la direzione del vento e quell’Uomo che passando dava vita a nuovi cammini. Bastava una parola, come fosse un comando: «Seguimi». Tempi addietro sentivo spesso parlare di vocazione come di speciali chiamate, destinate magari a pochi, possibilmente altri. E più leggo il Vangelo e più mi accorgo che di vocazione ce n’è soltanto una ed è proprio quella che ci porta a seguire Gesù Cristo che parla a noi, oggi, attraverso il Vangelo, le Scritture.
Sto leggendo alcuni messaggi, alcuni scritti che amici o parrocchiani di questi ultimi tempi, mi hanno lasciato: in tutti c’è questa convergenza verso il Vangelo, verso un progressivo avvicinamento alla comprensione delle Scritture. Questo – lo devo dire – mi rincuora molto. Stiamo scoprendo sempre più che siamo discepoli di Cristo nella misura in cui il Vangelo parla a ciascuno, dicendo qualcosa capace di smuoverci e di farci alzare per assumere le sembianze di Cristo secondo le possibilità di ciascuno. Ci vuole tempo per comprenderlo e il tempo è davvero il dono che Dio fa a noi per riconoscere a cosa ci stia chiamando e dove ci stia portando.
San Paolo, prigioniero a motivo del Signore, scrive parole piene di movimento: Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti (Ef 4,4-6).
Questo immenso movimento che è il vivere quotidiano di ciascuno possiamo anche osservarlo da una prospettiva vocazione: non siamo noi a fare ciò che vogliamo, ma stiamo seguendo una chiamata – spesso così sorprendente per ciascuno – finché sia il Vangelo stesso a far emergere ciò che è Bene per noi, secondo le proprie capacità, le proprie attitudini.
Imparare a vivere è un gran bel mestiere! Non è tirare a campare, tirar sera, sopravvivere. Ci vuole estro per stare al mondo da discepoli. Sapremo muoverci sempre nella direzione dello Spirito?
La vita poi, quando è vissuta dietro a Cristo, è un sempre un invito ad andare per imparare cosa significhi misericordia e non sacrificio. Che non significa che la vita perderà quella dimensione di consumazione, di dedizione, a volte anche di fatica.. Vivere è spendersi e consumarsi altrimenti avremmo vissuto invano o – forse – avremmo già perso la nostra vita. Ma tutto questo movimento di tempo, di persone, di animi potrebbe davvero essere un cammino a scoprire cos’è misericordia.
E, trovando il nostro posto nel mondo e nella comunità dei discepoli di Gesù, scoprire che proprio in quel modo preciso e puntuale, stiamo tutti contribuendo ad edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,12-13).
«Io non sono venuto – dice Gesù – infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Quanta pace ci procura questa parola. Con quale fiducia possiamo continuare il nostro cammino. Il nostro peccato non sarebbe che questo: quel non voler credere che Vita è il cammino da compiere seguendo l’esempio di Cristo stesso. E di quel Suo mangiare insieme con noi, cos’altro dovremmo dire, se non trovare ogni giorno le parole buone per invitare a quella comunione di Dio con l’uomo e dell’uomo con i suoi simili?
… perché seguendo Te, Signore,
possiamo aderire fermamente alla tua parola.
(dall’orazione di colletta della liturgia)
Dal Vangelo secondo Matteo (9,9-13)
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo. […]
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte»;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
(dal salmo 137)
C’è un incredibile oltre misura a cui è difficile alle volte credere, noi che siamo così abituati a misurare tutto, insegnandoci fin da piccoli unità di misura e grandezza. L’oltre misura di Dio si chiama Misericordia!
Immagino Gesù che passa davanti a me, nel momento in cui sto facendo la cosa peggiore che mi sia capitata di fare, quella di cui mi vergogno di più.
Lo Immagino girare il Suo sguardo verso di me, puntare i miei occhi, trapassarli e arrivare al cuore. Conosce il mio nome, ma ciò che gli interessa davvero è il nome con il quale può chiamarmi, fare una richiesta diretta, che raggiunge unicamente me.
Come deve essersi sentito trafitto Matteo, da quello sguardo e quanto a fondo deve essersi sentito raggiunto, per alzarsi e seguirlo, nonostante tutto.
Ecco, Gesù fa lo stesso con me, seduta al mio banco delle imposte.