Questo per voi il segno
Tentando un «diario di bordo» del Pellegrinaggio in Terra Santa 2022 – Sesto giorno
Molto prima dell’alba esco sulla piazza antistante la basilica della Natività. La piccola porta per la quale si accede è aperta. Non pensavo. Entro. Poche luci accese. Ci si deve abbassare per entrare da quella piccola porta d’accesso alla basilica ma ancor più ci si inginocchia per avvicinarsi a quella stella d’argento che indica il luogo della nascita di Gesù. Al centro della stella un foro per toccare la pietra, scura, nera. La notte e poi la Luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9).
Un pope ortodosso sta celebrando proprio sulla mensa che sovrasta la stella argentata. I presenti si alternano per inginocchiarsi senza disturbare la liturgia in corso. Di tanto in tanto qualcuno si avvicina e posa sull’altare stesso dei fogli. Il celebrante apre legge in silenzio quanto scritto su ogni singolo foglio. Suppongo siano intenzioni di preghiera. Dopo la lettura di ogni preghiera, prende con un coltellino una piccola quantità di mollica da una pagnotta che tiene molto vicino a se e mette tutto in un piatto che tiene davanti. In quell’operazione vedo quasi la precisione di un chirurgo e l’amore di una massaia che prepara una mensa. Tutti quei frammenti di pane verranno poi versati nel calice assieme al vino che sarà sangue di Cristo. Le preghiere degli uomini sulla terra sono ora unite alla grande preghiera di Gesù, all’offerta di sé. Così, comunicando a Corpo e Sangue di Cristo, si riceve non solo Colui che quel pane e vino significano ma si condividono pure le medesime intenzioni di preghiera e si diventa consanguinei tra fratelli, così come il Figlio di Dio non ha disdegnato di farsi in tutto simile a noi.
C’è poco da fare: l’uomo è un cacciatore di segni. Il fatto è che non sono né i segni né i miracoli a far nascere la fede. È vero piuttosto che se hai fede puoi riconoscere come segni certi fatti che non lo sembrerebbero affatto. Se succede che pensiamo a dei segni che devono provenire a noi dal cielo, da Dio, subito ci immaginiamo necessariamente qualcosa di grandioso, di sensazionale. Il segno che viene da Dio non va nell’ordine delle attese e delle cose previste dall’uomo. Spesso è l’esatto contrario. Non la grandezza ma la piccolezza, non la forza ma la debolezza. Si tratta dunque di comprendere di che segni stiamo parlando. E subito balzano alla mente le parole del profeta Isaia:
Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. (Is 7,10-14)
Il passaggio ad Ein-Karim – luogo ove Maria ha raggiunto la cugina Elisabetta che era il segno dato dall’angelo a Maria – ci fa meditare come il racconto biblico sia pieno di grembi sterili e di ragazze vergini che si trovano ad essere madri. Sterili o vergini per sottolineare che non c’è concorso umano ma dello Spirito di Dio che sempre rende feconda la vita. Maria ed Elisabetta staranno una di fronte all’altra a conferma di ciò che Dio sta facendo in loro. Le due donne non sono affatto sorprese che Dio si possa manifestare nel segno di un figlio che nasce. Ciò che le rallegra è scoprire che Dio stia facendo tutto questo proprio per loro, in loro e attraverso di loro.
Non tocca a noi chiedere segni perchè non ci accada di stare ad aspettare quel segno che noi pretendiamo mentre Dio è già all’opera per dare un altro segno che non trova posto tra le nostre attese. L’uomo ha solo da imparare ad ascoltare la Parola che fornirà i segni stessi ma soprattutto c’è da mettersi in cammino. Ma senza segno alla cui ricerca muoversi, dove vuoi andare?
Quando la giornata riprende il suo ritmo da pellegrinaggio, insieme a tutti i pellegrini, usciamo per recarci presso Yad Vashem (letteralmente «una memoria e un nome»), il monumento e museo nazionale di Israele a perenne memoria dell’olocausto. Davvero difficile dire bene, difficile spiegare, difficile comprendere. L’emotività è colpita nel profondo e occorre una buona dose di razionalità.
Il pomeriggio, fatta visita alla Basilica della Natività, ci vede impegnati in un incontro sorprendente e piacevolissimo con le suore Dorotee che vivono e lavorano nella scuola «Effetà Paolo VI» di Betlemme. Una scuola specializzata per la rieducazione audiofonetica dei bambini audiolesi residenti nei territori Palestinesi. Nel giorno in cui abbiamo ricordato la nascita di Gesù, non potevamo tralasciare questo incontro con chi dona la propria vita per dare la parola. Qui c’è un segno chiaro, tangibile… che tuttavia rimane discreto e nascosto. Ha dunque le sembianza del regno di Dio, forte contro la morte ma piccolo come tutte le realtà utilizzate per descriverlo. Se non ti ci portano, non si può sapere… ma se a Betlemme cerchi segni di questa incarnazione di Dio, eccone uno.
Con le suore di Effetà terminiamo la nostra giornata e il nostro soggiorno a Betlemme celebrando l’Eucarestia, utilizzando testi, canti e preghiere della notte di Natale.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
Un segno fu dato ai pastori, a coloro che temevano piuttosto di ricevere castighi o maledizioni. Non c’è solo il discernimento degli spiriti di cui accennavamo in merito alle tentazioni nel deserto. C’è pure un discernimento dei segni: qual è dunque il criterio di discernimento dei segni che vengono da Dio? Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo… quanto più il segno è universale e quanto più offre gioia a tutti ,tanto più sarà un segno che viene da Dio.
Qui a Betlemme il Verbo s’è fatto carne e la Parola nasce e fiorisce sulle labbra di chi era muto e sordo dalla nascita. È lo Spirito del Signore stesso che attraverso queste donne continua a far sì che la Scrittura si incarni, si compia e trovi casa. La preghiera del prefazio durante la liturgia suona come un canto nuovo ai nostri orecchi così spesso sordi alle parole del nostro celebrare:
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
In lui oggi risplende in piena luce
il misterioso scambio che ci ha redenti:
la nostra debolezza è assunta dal Verbo,
l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne
e noi, uniti a te in comunione mirabile,
condividiamo la tua vita immortale.
Lunedì 31 ottobre: tra poco si riparte per raggiungere Gerusalemme dove resteremo fino al compimento di questo pellegrinaggio. Quel Figlio di Dio bambini che si è affidato alle cure premurose della madre e dal padre riceverà gli insegnamenti della fede, ora lo seguiremo mentre si prepara per consegnarsi nelle mani degli uomini. Non sarà forse questo il segno della vita: affidarsi e consegnarsi?
Che bella sorpresa dev’essere stata trovare la Basilica aperta, tanto più con una celebrazione in corso! Grazie per aver condiviso la descrizione del rito ortodosso. É sempre molto interessante scoprire le ritualità diverse eppure mosse da analoghe intenzioni, rivolte al medesimo Dio. Diverse sfaccettature di una medesima gemma che, nella loro coralità, contribuiscono a rendere più splendente.
È la vigilia della festa dei Santi, testimoni delle Beatitudini. Sia motivo per tutti di credere che solo nel Segno di Gesù possiamo essere Santi. Buona festa.