Reciproci sguardi

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Data :30 Dicembre 2020

VI giorno fra l’ottava di Natale

(1Gv 2,12-17Sal 95 / Lc 2,36-40)

Un matrimonio durato soltanto sette anni e la conseguente vedovanza, a cui si potrebbe aggiungere il peso dei suoi ottantaquattro anni. Stare nel Tempio le pareva già grande protezione, un vero rifugio. Stare sulla soglia della casa di Dio le valeva più di mille giorni altrove (salmo 83). Mi piace perfino immaginarla intenta a sminuzzare briciole di pane secco da offrire alle rondini o ai passeri che – anch’essi – trovavano casa presso gli altari del Signore.

 Il suo nome pareva indicarle la strada: cercare grazia agli occhi di Dio. Decise, in cuor suo, che digiuno e preghiere sarebbero stati il suo più umile servizio al Signore. La grazia di Dio intanto le brillava già sul volto. Non una ruga di rancore, di risentimento, di amarezza, di scontentezza. Per quello che le era capitato avrebbe potuto vivere di rendita quanto a lamenti. E invece decise di incarnare il senso profondo del suo nome e quello di suo padre: cerca «grazia» (Anna) davanti al «volto di Dio» (Fanuele). Comprendeva, poco a poco, che il Signore fa grazia come un padre quando rivolge il proprio volto ai figli. 

Dopodomani, primo giorno dell’anno nuovo, ascolteremo nuovamente le parole dal libro dei Numeri. Il Signore parlò a Mosè perché parlasse ad Aronne. Sul monte non dettò solo comandamenti ma suggerì perfino le parole per benedire il popolo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Parole che probabilmente Anna sentì più volte nel corso della sua vita, nella sua permanenza al Tempio. E tanto risuonarono come una benedizione che presto si incarnarono per lei in quell’incontro con un bambino, divenuto volto di Dio. 

Volgere il proprio volto verso qualcuno, rivolgere uno sguardo è vera grazia! È far esistere l’altro. Nascere non è solo venire alla luce e uscire dal ventre materno. Nascere è illuminare l’altro rivolgendo il nostro sguardo. Nella cultura ebraica l’occhio è lucerna del corpo, come Gesù stesso dirà. Aprire gli occhi, vedere è accendere luci su un mondo che vive ancora nelle tenebre e con la lunga ombra della morte sempre in agguato. Non a caso Gesù, tra i molti segni che avrebbe potuto fare, scelse presto di ridonare la vista ai ciechi. Un segno esteriore per riabilitare sguardi interiori. Non scelse i segni che il diavolo tentatore gli paventò davanti agli occhi quando lo portò in cima ad un monte o sul pinnacolo del Tempio. Preferì sempre guardare agli umili. E come ora un’anziana donna di nome Anna posava il suo sguardo sul figlio di Dio, così Gesù a pochi giorni dalla sua passione, vide nel Tempio una vedova che gettava due monete, tutto quanto aveva per vivere.

Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio…” (Mt 5,38). Gli occhi non saranno mai per Gesù la misura per arginare il Male. Piuttosto, saranno la luce che, al pari di occhi che si aprono, si accende per compiere il Bene. Come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. (salmo 123). C’è un nostro quotidiano che ha ancora bisogno di essere guardato con questi occhi. Ed è proprio questo che può rendere, riempire di sapienza e far sentire sotto lo sguardo di Dio, più amorevole che inquisitore. Ognuno trovi la sua Nazareth. Lì il Signore andò a vivere. Una vera Galilea delle genti, dove il risorto stesso attenderà nuovamente i suoi discepoli. La fede è palindroma come il nome Anna. Vivila dal Natale o dalla Pasqua, dalla culla o dalla tomba, ma sempre ti porta ad un quotidiano vivo e visitato da Dio. 

Hai fatto bene a camminare come noi,
a faticare come noi, ad avere fame e sete,
stanchezza e sonno, gioia e dolore,
e a piangere con i nostri occhi.
Hai fatto bene a mostrarci così
gli occhi di Dio, la fame di Dio,
l’amore di Dio, l’impotenza di Dio;
a dare un volto a Colui che non ha volto,
a dare voce al silenzio del Verbo.

Adriana Zarri

Dal Vangelo secondo Luca (2,36-40)

[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

In questo vespro d’avvento
che cala verso la notte
ho invocato per te la speranza.

Se tu non conosci il cammino,
Colui che da sempre percorre
la strada dei cuori – sono certo –
arriverà, tu lasciati trovare.

Così come sei, senza ritocchi,
apri la porta al suo bussare:
non abita in te la tua bellezza,
apri i tuoi occhi e specchiati in Lui.

Come Lui ti guarda
guardati tu
e nel suo venire
accogli la tua preziosità.

(don Ulisse Bresciani)

… un presepe

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Piccoli Pensieri (4)

serena

(Scusami Vorrei integrare il precedente commento)

La profetessa Anna, nonostante tutto quello che le è capitato, non si allontana mai dal Tempio, diventa esempio di perseveranza nella lode e ci insegna a non allontanarci mai dalla presenza divina ovunque noi siamo

30 Dicembre 2020
Marco

Noi che con il battesimo siamo stati immersi nella tua vita Gesù, noi che ogni giorno della nostra vita è un dono, noi che fatichiamo ad essere come te, donaci o Gesù la grazia di riconoscerti e lodarti sull’esempio di Simeone e Anna e di riconoscerti in tutte le persone che ci stanno attorno e nel creato che ci è stato donato.

30 Dicembre 2020
Gianna

Grazie

30 Dicembre 2020
Dania

Vieni sempre Signore a convertirci per aiutarci a far convergere sempre più i nostri sguardi a Te e le nostre vite ai Tuoi insegnamenti.
Vieni sempre… e sicuramente verrai, e allora fa che Ti accogliamo perché sia Natale anche oggi ed ogni giorno che la vita vorrà donarci. E dal Natale alla Pasqua e poi di nuovo al Natale perché si possa nascere e ri-nascere continuamente con Te e grazie a Te…, ed ogni volta sarà diverso, sarà novità e sarà Dono ricevuto per grazia Tua.

30 Dicembre 2020

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