Sale e luce
(2Cor 1,18-22A / Sal 118 / Mt 5,13-16)
Prosegue l’ascolto del discorso della montagna: si scoprirono beati per essere finiti sotto uno sguardo più sapiente; sono beati nel poter ascoltare quelle parole; beati per aver compreso che non c’è persecuzione o insulto che possa togliere sapore e luce a coloro ai quali Dio ha scelto di rivolgere la sua parola.
Quel giorno, quando Gesù salì sul monte per rivolgere uno sguardo e una parola ai suoi discepoli e alle folle, lasciò intendere quanto ogni uomo sia esposto al rischio di perdere il sapore, di credersi soltanto avvolto dal buio. Le difficoltà della vita, persecuzioni, ingiustizie e insulti potrebbero togliere sapore e luce alla vita di qualsiasi persona.
La parola di Gesù raggiunge il cuore dell’uomo e sciogliendosi in lui, gli dona già sapore e luce. La parola di Gesù si mescola alle parole degli uomini e ai discorsi quotidiani come il sale nel cibo, come sale che cura le ferite, come sale che alza la fiamma e aumenta il calore. Basta una parola del Vangelo a dare un altro sapore alle vicende di tutti i giorni. E questa parola è buona da ascoltare e luminosa proprio perché altro non fa che rimandare all’uomo quelle stesse caratteristiche.
Il discorso della montagna ha già il sapore di quella nuova alleanza che Gesù è venuto ad offrire all’uomo. Come Mosé che salendo sul monte parlava con Dio e da Dio si lasciava illuminare, ora Gesù parla dal monte rivolgendosi a coloro ai quali si sentiva già profondamente legato. Come Mosé ma ben più di Mosé perché ora la Parola sarà non più su tavole di pietra ma nel cuore dell’uomo, disciolta come il sale nel cibo. A cosa serve la parola se non per essere detta e ascoltata? A cosa serve l’uomo se non per dare sapore e luce alla vita?
Gesù aveva già colto la sua missione, era già all’opera: attraverso le sue parole e poi attraverso le sue opere, stava già dando sapore e luce alla terra. Percependosi come uomo, in tutto simile a noi, non poteva che rimandare a noi questa scoperta e questo compito. Come Gesù comprese di essere stato mandato da Dio per dare sapore e luce alla vita degli uomini, così noi siamo invitati a scoprirci e a pensarci sale e luce della terra.
Basta un pizzico di sale ma serve quella giusta dose di capacità di disciogliersi, di mescolarsi. Non serviremmo a nulla se, per paura di perdere sapore, ce ne stessimo chiusi a cantarcela e a suonarcela tra noi cristiani. Se ci pensiamo come tanti piccoli granelli di sale, che bisogno avremmo di starcene con altri granelli? Per dare altro sapore al sale? Saremmo come il Mar Morto dall’altra concentrazione salina, dove non vivono pesci e nessuna pesca è possibile. Si rimane un po’ goffamente a galla, senza mai immergerci completamente.
La luce poi ha capacita di fugare le tenebre. Ma sempre gradatamente. Essa interviene come a liberare tutto ciò che è per effetto del buio rimarrebbe privo di identità, avvolto di nulla, a rischio di indefinito. A cosa serve la luce se fosse posta sotto un secchio, dentro un armadio? Saremmo come i discepoli dopo la notte di Pasqua, rinchiusi in una stanza per paura senza ricordarsi che proprio in quella stanza avevano gustato e visto quanto era buono quel Signore che credevano ancora morto. Venne lo Spirito a ridare sapore alle parole, coraggio alla vita, luce al mondo. E tutti, in quella Pentecoste, glorificavano Dio perché udivano parole piene di sapore e vedevano opere mai viste prima. Come le folle che rimanevano stupite dagli insegnamenti e dalle azioni compiute da Gesù stesso.
Il tuo Spirito, Signore,
ci renda forti nella fede e limpidi nell’amore.
Scaldi i nostri cuori e le nostre lingue
per risvegliare la comunità.
Anche se il nostro sguardo non penetra nei tuoi piani,
Tu ci conduce dalle tenebre alla luce,
e rivela ciò che è nascosto.
Per questo vogliamo cantarti con gioia.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Noi ti lodiamo, Dio, per la tua gloria
dispiegata in tutte le creature della terra.
Perché tutte le cose esistono soltanto come viste da Te,
come conosciute da Te,
tutte esistono soltanto nella tua luce.
Perciò l’uomo che Tu hai fatto
perché sia cosciente di Te,
deve lodarti con coscienza,
nel pensiero, nella parola e nell’opera.
(Thomas Stearns Eliot)
Chiamasti per prima la Sapienza presso Te come luce per distinguer le cose.
Chiamasti per prima la Sapienza come sapere e sapore dimoranti presso Te.
Chiamasti per prima la Sapienza per farcene dono, come sale nascosto nel pane per dare sapore, come luce per i passi dell’uomo.
Chiamasti per prima la Sapienza, sapere e sapore per ogni gesto quotidiano.
Che anch’io possa invocare la Sapienza perché porti sale e luce, sapere e sapore di Te nella mia vita e farne doni a chi mi sta vicino
O Signore donaci la sapienza del cuore e della mente con cui dare sapore e luce al presente, sopportare il dolore ed avere coraggio alla vita.
Non credo proprio ci sia chiamata all’azione piú chiara di questa. Ciò che ci rende cristiani non sono le preghiere, nè la partecipazione assidua alla messa o la confessione regolare. Quelle sono buone pratiche che aiutano a tenersi sulla retta via, ma se un cristiano non aiuta il fratello o la sorella in difficoltà, il bisognoso sconosciuto, non può dirsi un autentico cristiano. È qui che sta il difficile, ma è anche qui che sta il seme autentico di un futuro più fraterno ed equo.