Si salvi chi può o chi vuole serva?
(Ger 18,18-20 / Sal 30 / Mt 20,17-28)
Per crucem tuam et passionem tuam,
libera nos, Domine.
Per sanctam resurretionem tuam,
libera nos, Domine.
Per la tua passione e la tua croce: liberaci, Signore.
Per la tua santa resurrezione: liberaci, Signore.
Dal Vangelo secondo Matteo (20,17-28)
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Penserete anche voi in questi giorni alla povera gente che è rimasta «a vivere» nelle diverse città assediate dalla guerra: suonano sirene per segnalare l’eventualità di un imminente attacco e ci si muove nel verso contrario a quello per cui siamo stati educati in caso di pericolo. In effetti, a pensarci, per qualsiasi pericolo ci muoviamo correndo con ordine verso l’uscita di emergenza, all’aperto, in spazi ben areati. Dico «con ordine» perché così accade nelle migliori delle esercitazioni. Cosa accadrebbe in realtà, quando cioè non si trattasse di un’esercitazione, non potremmo dirlo con esattezza. In questi giorni c’è gente che, al suono di una sirena, corre a rinchiudersi in un rifugio sperando ogni volta di non fare la fine del topo.
E dunque: quando la vita è minacciata e in pericolo, quali reazioni abbiamo? E non quelle a tavolino, quelle studiate e pensate… quelle che istintivamente assumeremmo. Davanti al pericolo qualcuno scappa ma qualcuno può rimanere paralizzato della medesima paura. In mezzo allo stesso pericolo qualcuno urla e grida, altri sono ammutoliti. Abbiamo a che fare anche noi umani con diverse reazioni e un certo istinto di sopravvivenza, talora più marcato in alcuni.
All’annuncio del pericolo che incombe sulla vita di Gesù…. quali reazioni? È sfacciata e al contempo tenerissima la madre dei figli di Zebedeo. Cosa può fare una madre se non pensare di mettere in salvo la vita del figlio? Il mondo occidentale non aveva ancora compreso il gesto di moltissime madri d’oltremare, che vivono ai bordi del deserto e d’altre guerre, quando invitano i figli a partire sperandoli in salvo dopo la traversata, che conosciamo ora lo stesso anelito nelle madri d’oltralpe, d’altre terre. L’annuncio della passione suona nella testa dei discepoli come oggi suona una sirena di guerra, come un allarme antincendio o una scossa di terremoto .
Anche nel brano di Vangelo di oggi, ci sono di mezzo troni e primi posti. E la domanda è sempre la medesima: perché l’uomo ambisce ai primi posti? Perché vuole salire in alto? A leggere il Vangelo di oggi, la richiesta della madre dei figli di Zebedeo lascia intendere quell’umana convinzione che ai vertici la vita è più salva che nei suoi bassifondi. Ma Gesù usa un’altra immagine e contrappone al movimento di chi vorrebbe mettersi in salvo cercandosi un trono, l’invito a guardare al movimento della vita versata come una bevanda in un calice. E ciò che è versato è solo per essere bevuto.
Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come non darti ragione, Signore? Come non dire che la tua Parola è verità? Improvvisamente la croce della tua passione – unico tuo movimento in salita – diventa il tuo trono. Davanti all’imminente pericolo, hai scelto di servire e di versare la Tua vita.
Amare è aspettare le parole,
perché quando ami
nel mondo ci sono solo le sue parole.
Se ti parlerò da vicino
avrai la fortuna di vedere sulle sue labbra
Dio quando ancora non aveva creato
il mondo, quando ancora era un bambino.
Sono due giorni che soffro
per paura. E ho sofferto
per tutto il tempo che ho vissuto,
è qui nel petto un vago allarme,
un cuore che mi punta
e io scappo dal mio sangue,
mi faccio aria, mi nascondo
in tutte le parole che dico,
non c’è più nessun me
a cui posso appigliarmi,
c’è solo un cenno antico,
un cenno d’infanzia
fatto di neve e del petto di mia madre.
Ti prego, tienimi in vita,
stendimi al sole,
prestami un respiro.
(Franco Arminio, Studi sull’amore, Einaudi 2022)
Arcabas (1926-2018), natura morta
Sono giorni che prendo e riprendo questa riflessione, leggendo e rileggendo testi per meglio definire il pensiero da metter per iscritto. Ha quasi dell’incredibile quanto sia calzante oggi, adesso, in questa specifica situazione con una guerra alle porte. È anche questo il suo bello: che riesce ancora talvolta a “prenderti contropiede” mostrando la via quando intorno si fa tutto più buio. Ed ecco che anche questa tragedia può servirci a ricordare che, davanti a certe atrocità, siamo tutti uguali, TUTTI, quale che sia la guerra da cui si fugge, quale che sia il trauma che spinge a sradicare e sradicarsi. Ricordandoci al contempo che ciascuno di noi, pur nel sio piccolo, pur nella sua quotidianità, può far la differenza. Che è dal basso, dal terreno, dai singoli componenti che si può rinnovare questa società, questo popolo del mondo che siamo tutti, e non dall’alto, non solo dalle cime dei potenti.
Ci siamo smarriti Signore, nella nostra idea di democrazia dove diciamo che gli uomini sono tutti uguali, ma dove la parola “fratelli” non trova posto.
Ci siamo smarriti Signore, nelle tante “Carta dei diritti di….” rimaste, il più delle volte, o lettere morte o attuate solo in parte perché facciamo fatica a pensarci tutti con gli stessi diritti.
E ci siamo smarriti Signore, pure nella tua Parola.
Eppure Tu sei stato molto chiaro parlando di servizio, mitezza, perdono.
Molto più, non solo con le Parole ma con il Tuo esempio.
Sei passato beneficando, guarendo, sfamando e raccontando l’Amore del Padre per tutti gli uomini, sfuggendo il clamore perché dicevi di continuo di essere al servizio del Padre.
Tra poco faremo memoria del gesto della “lavanda dei piedi” che ha lasciato gli Apostoli ammutoliti.
Fino al Sacrificio totale per essere, per sempre, al servizio di noi, creature amate dal Padre.
Un insegnamento chiaro, così da sentirci anche “protetti” dal Padre.
Cosa ci impedisce di seguire e attuare quello che troviamo scritto?
Io… non so rispondere, ma so di poter chiedere la forza di mettermi al servizio dei fratelli.
… è un attimo fare gli sdegnati. E credersi migliori. Gelosia e invidia la fanno da padroni.
Tu, Signore, ci sei accanto. Sempre.
Anche quando diremo di non conoscerti…
“Chi non vive per servire , non serve per vivere” ( fratel. Elio)