Siccità
VI domenica del Tempo Ordinario (C)
(Ger 17,5-8 / Sal 1 / 1Cor 15,12.16-20 / Lc 6,17.20-26)
L’ultima pioggia l’ho vista e sentita lo scorso 25 dicembre. Preparavo un albero di Natale fuori casa, come fosse un segno propiziatorio di frutti da cogliere dopo l’inverno. Da allora tantissima nebbia. Di pioggia però non n’è più caduta. Ed ora ce ne sarebbe molto bisogno. La terra dei colli dietro casa comincia a cambiare colori. La semina autunnale inizia a germogliare. La terra più scura è quella arata da poco. La siccità si vede in tutti gli altri colori e più tardi da alberi che non germoglieranno più. La terra qui è diventata molto fertile da quando l’acqua è stata portata nella piana attraverso canalizzazioni e sistemi che raggiungono le cime dei colli con irrigazioni a pioggia.
La Terra in principio era Paradiso. Così appare la vita quando non ne si conosce la fatica. Ma dal Paradiso ci si sente come cacciati e l’uomo attraversa così il deserto, in cerca di una terra dove poter soggiornare in condizioni migliori. Ed è così che il Paradiso, quando la Terra appare solo aridità, siamo soliti collocarlo non più in terra. Un luogo altro, come il Cielo. Giardini e deserti, paradiso terrestre e paradiso celeste sono luoghi biblici, come simboli che evocano l’intera esistenza dell’uomo, desideri compresi.
Ma com’è – sembra dire il profeta Geremia – che in tempi di siccità si trovano sulla terra alberi che restano verdeggianti? … quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti (Ger 17,8). Ci sono tempi difficili e aridi, come stagioni… eppure qualcuno vive la beatitudine. Da dove viene l’acqua dunque se non piove dal cielo? Da radici che si spingono nel sottosuolo, come quell’invito rivolto ad Abramo a scendere in profondità, dentro di sé, mentre il suo cammino prendeva distanza dalle cose più certe che egli conosceva e si avviava verso quella terra che solo Dio vedeva.
Scrive André Louf: «Il Vangelo contiene altre contraddizioni altrettanto evidenti. Gesù stigmatizza il male ma quasi si rallegra con i peccatori: precederanno gli altri nel Regno! Lascia balenare che esistono nel Regno dei primi posti, ma raccomanda di scegliere l’ultimo. Loda quelli che saranno i primi, ma a condizione di essere gli ultimi di oggi. Paradossi del messaggio di Gesù, ma assolutamente essenziali a tale messaggio: ci permettono di penetrare il cuore della buona notizia del vangelo. Agli occhi di Gesù nessuno può veramente arrecare sollievo nelle situazioni di povertà se prima non si è fatto povero con i poveri, come egli stesso ha fatto, Lui che dall’altro del suo celoma avrebbe potuto sopprimere ogni miseria con un solo gesto, e farci vivere nell’abbondanza. “Eppure da ricco che era – scrive Paolo- si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Con 8,9). Perché? Perché non vi è sollievo possibile senza amore, e non vi è amore senza una certa uguaglianza, fin nella miseria».
Parlo a Dio con i salmi,
ma spesso – ti confesso –
mi sento
come fuori paese.
Raccontano di nemici
che non ho,
di persecuzioni
che non hanno
lacerato il mio cielo.
(Angelo Casati)
Dal Vangelo secondo Luca (6,17.20-26)
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Saggio quell’uomo
che non insegue i miti del successo,
non è attratto dalla facile ricchezza
e non cerca onori e piaceri.
Veramente saggio quell’uomo
che crede nella giustizia e nel bene,
che si lascia guidare dalla Parola
e la rende il suo pane quotidiano.
Sarà come albero rigoglioso
che affonda le sue radici
nel terreno dei veri valori
e nell’acqua viva della fede.
La sua coscienza sarà tranquilla,
la sua parola saggia e credibile,
le sue scelte stabili e costruttive,
la sua vita piena di soddisfazioni insperate.
Sciocco quell’uomo
che ha fiducia solo in se stesso,
che vende l’anima al successo, ai soldi, al potere
e fa del piacere il suo dio.
Veramente sciocco quell’uomo
che non ama Dio e il prossimo,
che non coltiva i valori morali
e la speranza in un futuro migliore.
Sarà come una foglia secca
fatta turbinare dal vento degli interessi,
come una banderuola
senza stabile direzione di vita.
Non saprà resistere nei tempi di prova,
si scoprirà vuoto di valori e coraggio;
abbandonato dagli amici di comodo,
tremante come un bimbo impaurito.
È il Signore la forza dell’uomo saggio
e insieme la sua meta e il suo premio.
La rovina dell’uomo sciocco
è il credere solo in se stesso.
(salmo 1, trascrizione libera di Sergio Carrarini)
Giardini, deserti, alberi, hanno , secondo la mia interpretazione, un doppio senso. Rappresentano infatti l’uomo. L’uomo può vivere momenti lunghi o corti durante il corso della sua vita di aridità (Ecco spiegata la parola deserto), periodi di vita durante i quali per vari motivi, ad esempio quando gli succedono esperienze dolorose,riesce anche a imprecare Dio, riesce a mettere in discussione la Sua stessa esistenza. Ma esistono anche uomini che, nonostante il dolore che vivono, alimentati dalla Parola di Dio, dall’accostamento ai Sacramenti, dalla partecipazione alla S. Messa, dall’aiuto di amici – sacerdoti, suore, monaci o semplici amici – riescono a vivere serenamente, o meglio, lietamente, senza nulla togliere alla fatica che certe situazioni comportano. Ecco perché in questo brano si parla di alberi ” verdeggianti”, nonostante la mancanza di acqua.
Deve esserci molta forza e molta perseveranza in quell’albero che per sopravvivere punta le sue radici sempre più nel profondo in cerca di acqua, la fonte della vita. Da questo capisco che io non sono così, non sono così perseverante nel cercare la fonte della vita, per questo tante volte sento il mio cuore arido.
Aspettando la pioggia quanti di noi hanno assunto atteggiamenti diversi per non riscaldare la Terra che ci ospita? Una prossima gelata comprometerrebbe buona parte dei futuri frutti, ma non la vita delle piante, dotate di infinite strategie di sopravvivenza, unite da un filo di mutuo soccorso dalle quali abbiamo molto da imparare.
Siamo noi quei ricchi che ci siamo saziati perdendo di vista ciò che più conta.
Nel libro per l’infanzia “nella foresta del bradipo” questo tranquillo animale dorme su un albero. Quando si sveglia si accorge che la foresta è scomparsa. Gli alberi sono stati tagliati e caricati su camion. Il suo albero, al centro, è l’ ultimo. Ma girando la pagina tiro il fiato vedendo un uomo che semina.