Sollievo all’impersonale

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Data :5 Settembre 2021
Laurent Zagarri, Addiction (2019)

XXIII domenica del Tempo Ordinario (B)

(Is 35,4-7 / Sal 145 / Gc 2,1-5 / Mc 7,31-37)

Tengo con me, tra gli ultimi bagagli da trasloco e minuterie di tutti i giorni, un piccolo libro, già citato, di recentissima pubblicazione. Lo tengo a portata di mano e di tanto in tanto vi leggo qualcosa. Leggo: «praticare la vista meravigliata e meravigliosa introduce al sollievo dell’impersonalità.[…] Assaporare la sofferenza senza cadere nella rete del raccontarsela, ma lasciando che sia lei a raccontare, se qualcosa ha da rivelarci, e sentire che i suoi racconti servono solo a renderci più precisi nella compassione verso noi stessi, più acuti nel riconoscere il c’è della sofferenza in noi e attorno a noi. Impersonalità non è diventare invisibili e innocui, ma innocenti, consapevoli della propria fragilità e della propria capacità di nuocere. Consapevoli anche di splendere. E splendere. […] Perché i bambini guariscono in fretta se sono compresi e curati: non gli piace essere malati e lo stesso fa il cuore, anche un vecchio cuore». (Chandra Candiani, Questo immenso non sapere, Einaudi, settembre 2021)

E già questo mi pare un ottimo commento al Vangelo di oggi anche se queste parole non sono riferite ad alcuna delle sue pagine. Ma sono parole riferite alla vita e pure il Vangelo è parola da ascoltare per comprendere meglio la vita in genere e l’uomo. E semmai, per conoscere anche Dio in questo suo farsi sentire vicino all’uomo. Sordomuto è qualcuno che vede le cose e il mondo circostante ma non ha contatti decisivi con i suoi simili perché nella sua sordità non può ascoltare e nel suo mutismo nemmeno parlare. Non gli rimane che lo sguardo e forse gli occhi gli bastavano a comprendere smorfie di dolore sul volto degli altri o la gioia sul volto dei piccoli, forse gli occhi gli bastavano per capire il tempo che fa. Forse gli occhi gli basterebbero a leggere ma è sempre più difficile leggere la realtà quando non puoi ascoltare o raccontare. Sordomuto pare perfino un handicap alla fede stessa che dell’ascolto aveva fatto il primo dei comandi di Dio per dire proprio che Dio parla all’uomo. 

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. C’è della bontà in giro. Quel sordomuto era conosciuto, aveva delle relazioni o quantomeno qualcuno che lo trattasse con un po’ di pietà. C’è – come dice la Candiani – della sofferenza in giro. Tanta e più di quella che osiamo guardare in faccia o possiamo sostenere con il nostro sguardo. Sofferenze che rendono sordi e muti. Sofferenza alla quale, ad un certo punto, preferiamo rimanere sordi e lasciarci ammutolire per non esporci alla paura del contagio. Ci sono dolori che si faticano perfino ad ascoltare e racconti uditi che lasciano senza parole.

La sofferenza raccontata dal Vangelo non ha il sapore di certi nostri racconti con i quali mendichiamo compassione. La sofferenza dell’uomo che Gesù stesso incontrava lungo il suo cammino, rivela qualcosa dell’uomo nel senso che racconta ciò che maggiormente l’uomo desidera, ciò da cui l’uomo vorrebbe davvero liberarsi definitivamente. Sordità e mutismo non fanno scoop nel Vangelo, come nessun altro dolore incontrato da Gesù. Il dolore nel vangelo, quando è raccontato, è solo per rivelare fino a che punto Dio si apre all’uomo, mentre il dolore altro non stava facendo che provocare una qualsivoglia forma di chiusura. «Apriti!» è una sola parola, un invito che suona come un comando impartito alle nostre chiusure per riempirci di stupore davanti a quanto Dio opera ancora tra noi. Sordità e mutismo sono nostre se non sappiamo ascoltare e raccontare ciò che Dio compie in noi.

Nessuno si dia per vinto, mai, Signore
anche se sperare è ancora più difficile di credere:
mai che una pagina delle tue Scritture,
per quanto sia tragica, finisca senza speranza:
Tu sei un Dio che non tradisce l’uomo,
chiunque egli sia, pure se malvagio:
Tu ci ami anche nel nostro peccato:
Signore, dai un segno a quanti disperano
che Tu sei sempre con loro,
magari a piangere insieme.
Amen.

(David Maria Turoldo)

Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Giuliano Sangiorgi (Negramaro) e Massimo Ranieri, Meraviglioso (di Domenico Modugno)

È vero, credetemi, è accaduto
di notte su di un ponte
guardando l’acqua scura
con la dannata voglia
di fare un tuffo giù
D’un tratto qualcuno alle mie spalle
forse un angelo vestito da passante
mi portò via dicendomi così:
Meraviglioso!
Ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia meraviglioso.
Meraviglioso:
perfino il tuo dolore
potrà apparire poi meraviglioso
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto
Ti hanno inventato il mare.
Tu dici: «Non ho niente»
Ti sembra niente il sole?
La vita, l’amore.
Meraviglioso
il bene di una donna che ama solo te.
Meraviglioso
la luce di un mattino,
l’abbraccio di un amico
il viso di un bambino
Meraviglioso…

O Padre,
dona coraggio agli smarriti di cuore,
perché conoscano il tuo amore
e cantino con noi
le meraviglie che tu hai compiuto.
Amen.

(dalla liturgia di oggi) 


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Piccoli Pensieri (3)

Dania

“Ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato”… “Effata”: ecco la parola che dici oggi al sordomuto e a noi ogni volta che lo siamo, perché possiamo tornare ad aprire orecchi e bocca, occhi e cuore per aprirci alla vita. Peggio è poter disporre di questi organi e non utilizzarli, all’esserne impossibilitati fisiologicamente. Che il Signore ci aiuti ad affinarli, non per nostro merito ma come frutto della Sua Parola in noi, come un germe di cui Lui sempre si prende cura, che quando e come crescerà non è dato a noi di saperlo. Lui solo può aiutarci a guarire dai nostri mali e salvarci, per custodirci per la vita eterna. E noi sempre possiamo prestarGli ascolto!

5 Settembre 2021
Claudia

Mai dimenticare la scelta che è la gioia!

5 Settembre 2021
Romana Cereda

Quanto sia meravigliosa la vita, persino la sofferenza che inevitabilmente è fisiologicamente ci porta, è un concetto che io ho compreso solo “da grande”. Penso che sia innaturale comprenderlo in giovane età, se non in casi eccezionali di grande fede e illuminazione. Aiutare i bambini e i giovani a coltivare la fede in Dio per capire ed accettare anche il dolore, la sofferenza è l’attesa di un sollievo è un compito che spetta a noi adulti ed è fondamentale per formare personalità forti e sensibili allo stesso tempo.

5 Settembre 2021

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