Spensierati o fiduciosi?
(2Cor 12,1-10 / Sal 33 / Mt 6,24-34)
Già ieri mattino pensavo tra me e me a come sono differenti le mattine d’estate rispetto al resto dell’anno. Rispetto anche solo ai giorni in cui il parcheggio davanti a casa si riempie di auto ed è tutto un formicolare di bambini e ragazzi, accompagnati rigorosamente a scuola come prevedono le regole. Si percepiva a tratti la frenesia e le mille cosa da fare fino a sera.
Ieri mattino, mentre davo da bere alle piante dell’orto che già generosamente stanno dando i loro frutti, mi guardavo attorno. Improvvisamente mi sento raggiungere da altre immagini estive, più da località balneari che da paese del tempo ordinario. Pensavo a chi sulle spiagge all’alba rastrella la sabbia, a chi passa a svuotare cestini di una qualsiasi località turistica o di villeggiatura. Lavori che si fanno all’alba. Nelle mattine d’estate, da quando la scuola ha chiuso i battenti, pare che il mondo riposi. Sembra che tutto e tutti si sveglino più tardi. Le giornate si son fatte più lunghe, la sera s’è fatta festa… o anche solo più fresca di queste primi giorni roventi. Capisco che si possa uscire più volentieri la sera, dopo che il sole è tramontato.
C’è un piccolo luna-park vicino a casa di questi tempi accanto ad un rinnovato parco giochi per bambini. Il cigolio di una nuova altalena che culla anche chi ne sente solo il suono, si sente perlopiù soltanto di giorno. La sera è tutto un gioco di luci colorate e la musica copre – devo dire garbatamente – altri rumori ordinari, altre preoccupazioni quotidiane.
Va in scena una certa allegria e la spensieratezza. Sarà l’effetto di mesi e mesi di restrizioni ma pare perfino piacevole questa compagnia estiva accanto a casa. C’è qualcosa di sano nel vedere i piccoli tornare liberi a giocare. Perfino le mamme o le nonne, sembrano avere meno fretta di tornare alle faccende sempre urgenti da sbrigare. Di certo non poteva essere solo il traffico sulle strada a raccontare che stiamo tornando a quella che chiamiamo «normalità». Mancava alla vita quotidiana questa spensieratezza dei più piccoli. I giovani invece già conoscono la sottile linea di demarcazione tra spensierato divertimento e follia; quella linea sottile che separa la gioia di stare in compagnia di amici sorseggiando una bibita e il pericolo di esagerare fino ad ubriacarsi.
Del brano di Vangelo di oggi, che medito in un silenzio accompagnato dal canto di infiniti uccelli, da giorni ne sentivo l’eco. Stava in sottofondo da parecchio tempo, come un vertice, una tensione. Perché la legge non basta, neppure quando questa viene dal cielo. Occorre saper accompagnare l’obbedienza al comando con uno sguardo che possa contemplare il presente per fare migliore il domani. Il «discorso della montagna» si apre con uno sguardo di Gesù sulle folle che gli stanno davanti e si avvia alla sua conclusione con la consegna invitante ad osservare gli uccelli del cielo e i gigli selvatici di campo.
C’è qualcosa di rasserenante nell’osservare la natura: la sua bellezza, accanto alla fragilità che la contraddistingue, è offerta a tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba un tramonto. Affannarsi per il domani è l’altro modo che l’uomo conosce per dire che il tempo passa.
Gesù chiede di custodire uno sguardo ampio e profondo. Osservare uccelli del cielo e gigli del campo è un sano esercizio per evitare che la visione del mondo si rimpicciolisca, che i nostri problemi o i nostri mali ci paiono importantissimi. Se la visione si allarga e si riesce a vedere il mondo nella sua interezza e magnificenza, il nostro stato, foss’anche il più penoso, è accolto sotto lo stesso tetto di quella grande misericordia e provvidenza in cui i figli amano dimorare. Ed è già il regno di Dio.
Taccia, o Signore, dinanzi a Te
la veemenza delle nostre passioni,
che ci spingono all’empietà e alla violenza;
taccia la nostra sete di prestigio.
Taccia l’uomo di fango che è in noi
e avanzi l’uomo nato dal cielo
e al cielo unicamente proteso.
Immersi nel silenzio della tua presenza…
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Il silenzio diventa forza
per portare la prova.
Il lamentarsi, il discutere,
il parlare delle difficoltà
fa invece diminuire le forze.
Di fronte alle prove personali,
prima di ribellarsi,
prima di ragionare sulla situazione,
bisogna mettersi in silenzio,
attendere umilmente
che Dio ci manifesti il suo disegno,
credendo di essere sempre e ancor più
nelle sue mani.
(Anna Maria Cànopi)
Nel week end mi permetto il lusso di perdermi ad osservare un giovane merlo con cui condividiamo il giardino.
Passeggia, scava col becco il terreno per cercare cibo, risponde al richiamo dei suoi simili, passando dal prato ai rami delle piante.
Non si cura di noi, se passeggiamo in giardino o ci affacendiamo nell’orto, si limita a spostarsi un po’ più in là.
Se innaffiamo il prato, ne approfitta per bere e per rinfrescarsi.
È proprio vero che osservando le sue tranquille attività, tutti le corse e i problemi ‘insormontabili’ della settimana assumono contorni e peso diverso.
E non sto facendo altro che mettere in atto un consiglio di Gesù. Sarà preghiera anche questa?