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santa Teresa di Gesù Bambino (Teresa di Lisieux)
(Gb 42,1-3.5-6.12-16 / Sal 118 / Lc 10,17-24)
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra. […]
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te,
quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
(dal salmo 121)
Dal Vangelo secondo Luca (10,17-24)
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
«E tornando a casa guardavo le stelle che brillavano dolcemente e questa vista mi rapiva… C’era soprattutto un gruppo di perle d’oro che io notavo con gioia trovando che era a forma di una T, lo facevo vedere a Papà dicendogli che il mio nome era scritto nel Cielo e poi, non volendo vedere niente della terra vile, gli chiedevo di farmi da guida; allora alzavo la mia testolina verso l’aria, senza neppure guardare dove mettevo i piedi, e non mi stancavo di contemplare l’azzurro stellato!».
Sono le parole di Teresa di Lisieux, nella primissime pagine del suo manoscritto che col passare del tempo diventerà la sua celebre autobiografia intitolata «Storia di un’anima». Così raccontava di quando, la domenica sera, accompagnata dal padre rientrava dalla casa dello zio dove avevano trascorso il giorno di festa.
Felice coincidenza che ci fa leggere questo brano della vita di Teresa come fosse l’eco del Vangelo di oggi. Nel brano odierno c’è un’indiscutibile alta concentrazione di sentimenti legati alla gioia. C’è l’euforia dei settantadue discepoli che tornano pieni di gioia forti del successo della loro missione: hanno visto con i loro occhi che al solo nome di Gesù i demòni si sottomettevano. E mentre i Settantadue vedevano cose nuove accadere sotto i loro occhi, Gesù da conferma di ciò che Egli vede più profondamente e meglio di noi: vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Tuttavia l’euforia sembra subito arginata, contenuta, educata. Gesù invita piuttosto a rallegrarsi perché i nomi sono scritti nei cieli. E la gioia di un momento diventa un’esultanza nello Spirito, quello Spirito che da principio aleggia e che continua a riempire l’Universo. Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete: frastornati come siamo da immagini di violenza, di guerra, di soprusi, i nostri occhi hanno bisogno d’essere educati, aiutati a vedere il Bene. Ma come fare?
Gesù suggerisce per un attimo di guardare in cielo. Sembra persino chiedere di non guardare neppure a Lui. O meglio, Egli ci chiede di guardare nella sua stessa direzione. Immagino che ai tempi di Gesù – e certamente per chi ancora oggi vive ai margini del deserto – guardare il cielo stellato fosse un vero spettacolo naturale, un gesto che non doveva aver nulla di straordinario. Un gesto quotidiano, prima di coricarsi, perché anche la notte più oscura non fosse solo simbolo di tutti i pericoli a cui l’uomo è esposto. Certo per noi oggi cercare le condizioni ottimali per vedere quello stesso cielo ha più il sapore d’un impresa attorniati come siamo da tanto inquinamento luminoso.
C’è qualcosa di primordiale in questo sguardo che l’uomo da sempre rivolge al cielo. Un gesto che apparteneva alla notte dei tempi e alla fede. Da Abramo, quel padre che pur non riuscendo a contare il numero delle stelle, attraverso di esse poteva già vedere tutti i figli di Dio. Basterà citare anche Dante, che nell’ultimo verso dell’Inferno, attraversata con fatica la natural burella, si sente rivivere quando scrive «e quindi uscimmo a riveder le stelle» (inferno XXXIV). Senza dimenticare neppure la conclusione della seconda cantica laddove Dante dichiara d’esser finalmente puro e disposto a salire a le stelle (Purgatorio XXXIII). La terra sembra sempre più essere il basamento di tutti i pesi e i mali che vi si depositano, quasi stratificandosi.
Forse è davvero necessario che più spesso torniamo a guardare il cielo per ridimensionarci, per scoprirci un po’ più simile alle formiche in un universo di cui non conosciamo neppure tutta l’estensione. E poi sorprenderci di sapere che l’uomo starebbe qui sulla terra proprio per concorrere al Bene.
Si guarda al cielo per specchiarcisi. Se il nostro nome è scritto lassù ciò significa che noi potremmo essere quaggiù come quei piccoli punti luminosi che rendono meno tenebrosa la notte. E poi se fosse veramente che anche in materia di fede avessimo molto da rifare o da ridire a partire da questo rinnovato sguardo sotto il cielo? Perché nessuna cerimonia, nessun rito, nessuna preghiera, sia più di altre ma tutte voci ed espressioni di un solo ed unico Spirito che geme, balbetta nel cuore di tutti i figli sparsi in terra. Invitandoci a cercare il nostro nome nel cielo, Gesù stava forse facendo un suo commento alle parole di alcuni salmi, chiedendoci di tornare più spesso a pregare con le stesse parole.
Cercare il nostro nome in cielo, tra le stelle, è poi sempre trovarlo circondato da tantissimi altri nomi. Ed è questo che rende il cielo così meraviglioso. C’è posto per tutti e tra una stella e l’altra c’è sia quella distanza che ha il sapore del rispetto, sia quella vicinanza che ha il sapore dell’attenzione.
G. Meregalli, Salmo 8
Se guardo il cielo, la luna le stelle,
opere che Tu, con le dita, hai modellato,
che cosa è,
perchè Te ne curi,
che cosa è, perché Te ne ricordi,
l’uomo, l’uomo, l’uomo?
Eppure lo hai fatto
poco meno degli angeli
di gloria e di onore lo hai coronato,
gli hai dato il potere
sulle opere delle tue mani,
su tutte le cose, che Tu avevi creato:
gli uccelli del cielo, i pesci del mare,
le greggi e gli armenti,
gli animali della campagna.
Se guardo il cielo, la luna le stelle,
opere che Tu, con le dita, hai modellato,
che cosa è,
perchè Te ne curi,
che cosa è, perché Te ne ricordi,
l’uomo, l’uomo, l’uomo?
Questo brano di Santa Teresa ha riportato anche me indietro all’infanzia. Ero sinceramente affascinata dalla scoperta dell’immensità della realtà che si aprova oltre l’atmosfera. E fu scoprendo attraverso libri, documentari e anche la partecipazione ad approfondimenti specifici (adatti a dei bambini), l’immensa varietà ed invessante attività dell’Universo che, guidata dalla mamma, iniziai a comporre alcuni tasselli della mia concezione di fede. Tanta meraviglia doveva per forza avere un creatore potente alle spalle!
Le stelle… il firmamento…
A insegnarmi a guardare e ammirare il cielo stellato è stata mia mamma.
Di questo periodo, quando le sere erano serene, ci portava fuori perché potessimo ammirare lo spettacolo del cielo stellato.
Il carro maggiore e minore (o Orsa Maggiore e minore), e nel minore la stella polare.
E poi tre stelle quasi in fila indiana…
E la mamma diceva che erano i tre Re Magi, già in viaggio da oriente ad occidente, per arrivare dal Re appena nato e preannunciato dalla stella cometa.
E il cammino nel cielo di quelle tre stelle è proprio da est ad ovest.
Ricordare queste cose mi dà emozione e un po’ di malinconia.
Proprio in questi giorni ho visto le tre stelle… i Re Magi sono già in viaggio.
Guardare il cielo stellato mi fa desiderare l’Infinito, mi fa desiderare un Incontro…
Siamo così arroganti, ci riteniamo esseri superiori padroni della Terra, ma siamo niente di fronte al mistero dell’Universo del quale poco conosciamo.
Eppure creando l’Universo Dio Padre non ha badato a spese e tutto a nostro vantaggio, anche se ancora non abbiamo risposte alle tante domande che lo riguardano.
Dunque, come Santa Teresina del Bambin Gesù, alziamo lo sguardo verso le stelle con gli occhi pieni di meraviglia e il cuore pieno di ringraziamento.
E se riusciremo a guardare con umiltà, sono sicura che lo Spirito Santo saprà ispirare le giuste risposte.
IL CIELO È DI TUTTI
Gianni Rodari
Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa o in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la Terra è tutta a pezzetti?
Veramente siamo dei puntini,
siamo granelli di sabbia
ma ricordaci in ogni istante
che siamo preziosi per Te.
Donaci, Signore,
di alzare i nostri sguardi.