Tendere la mano: il gesto necessario
Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani – III giorno
(Eb 7,1-3.15-17 / Sal 109 / Mc 3,1-6 oppure i testi proposti per la settimana di preghiera: Col 3,12-17 / Gv 13, 1-15.34-35)
Anche le nostre mani si stanno forse paralizzando? Probabilmente senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Si perdono abilità manuali. Si pensi anche solo lo scrivere con una penna a sfera: ormai ci pare una cosa abbastanza insolita. Sono finiti i tempi in cui ci allenavamo alla calligrafia, alla bella scrittura. Un bel tratto, una scrittura leggibile, un quaderno di appunti ordinato sembrano solo inutile fatica. Eppure – provare per credere – scrivere a mano permette di fissare meglio un concetto, un’idea. L’interiorizzazione passa anche attraverso le mani. Recenti studi scientifici dicono che troppe ore passate a messaggiare, whatsappare, selfare, postare, causano la sindrome del «pollice da smartphone» e colpisce anche giovanissimi abituati a usare il telefono come un prolungamento della mano.
L’uomo parla anche con il suo corpo. I suoi gesti sono come parole in azione, parole in divenire. Così tendere una mano è già un modo per andare incontro all’altro. Il vero sguardo sull’uomo, quello più completo e corretto, credo ce l’abbia Gesù: egli vede, come tutti gli altri, un uomo dalla mano paralizzata ma riconosce che quell’uomo, nel suo corpo, ha un’altra abilità che lo porterà alla salvezza: egli è ancora in grado di camminare. «Alzati, – disse – vieni qui in mezzo». Accentuò l’abilità negli arti inferiori per strapparlo da una chiusura che già si manifestava nell’arto superiore. Quei passi che invitano l’uomo al centro della scena, davanti ai presenti, sono già una professione di fede in atto, una fiducia in corso.
«Alzati, – disse – vieni qui in mezzo». È la Parola di Dio, quella che noi leggiamo anche oggi, che sta chiamando al centro quell’uomo malato che noi siamo. Se non sappiamo riconoscere di avere mani inaridite allora siamo gli altri… quelli che stanno solo ad osservare… per lasciare andare infine verso la morte. Si leggono sul volto di Gesù indignazione e tristezza. Perché? La diagnosi è chiara ed è sempre la stessa: durezza di cuore, ben più grave della mano inaridita. Per chi ha il cuore duro non c’è altra via che nascondersi nel formalismo, nel legalismo.
Fare del bene, salvare una vita è cosa bellissima, è come dare una mano a Dio stesso. Quell’invito a tendere la mano ora risuona nel suo duplice significato: tendere la mano è mendicare, chiedere aiuto, sapere che c’è un bisogno dentro di noi, è cercare qualcuno che ci offra il necessario. La sua stessa mano. Tendere la mano è dunque il gesto proprio di chi aiuta. Ogni uomo che tende la mano sta guarendo qualcosa nell’altro che vede la mano tesa. Ora – mi pare – siamo a questo punto: stiamo tendendoci la mano?
Dio nostro Padre,
Tu ci riveli il tuo amore attraverso Cristo
e attraverso i nostri fratelli e le nostre sorelle.
Apri i nostri cuori
perché possiamo accoglierci
gli uni gli altri con le nostre differenze
e vivere nel perdono.
Donaci di vivere uniti in un solo corpo,
affinché venga alla luce il dono che ciascuno di noi è.
Fa’ che tutti noi possiamo essere
un riflesso del Cristo vivente.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco (3,1-6)
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
Sei tu
– con quel nulla che hai –
un tessitore di riconciliazione
nella comunione di amore
che è il Corpo di Cristo,
la sua Chiesa?
Rallegrati,
sorretto dalla preziosità della condivisione!
Non sei più solo,
ma in ogni momento e circostanza
sei sorretto da fratelli e da sorelle nella tua comunità
e con loro procedi nel cammino.
Con loro sei chiamato a vivere
la parabola della comunione.
Maria Montessori ha scritto spesso nei suoi libri che “la mano è l’organo dell’intelligenza”. Se fosse ancora disponibile e reperibile,consiglierei un libro di M. Montessori, curato da Daniele Novara, dal titolo “L’intelligenza delle mani”.
Oggi in America due mani non si sono incontrate e non per colpa del covid.
Mi colpisce come Gesù, alla sua indignazione da cui ne consegue una tristezza per la nostra durezza di cuore, Lui risponda con un gesto di Amore, non di azione violenta come farei io magari, ma con un gesto che ri-dona Vita, prospettiva di risollevarsi, di cambiare lo sguardo come a dirmi: “Io ti amo”
Nel vangelo di ieri Gesù protegge i suoi apostoli, oggi un uomo con una mano paralizzata.
E’ davvero consolante sapersi tanto importanti da essere messi al centro delle attenzioni di Gesù sino al punto di rischiare la sua vita per noi. O Signore riempi il mio cuore di pace, fa che sia un cuore libero, aperto e misericordioso con al centro Te e gli altri
Allungare la mano, sfiorarla, senza parlare, è un gesto intimo che riempie il cuore
“Ogni uomo che tende la mano sta guarendo qualcosa nell’altro che vede la mano tesa.” È proprio vero, l’ho imparato negli anni. Offrire il proprio aiuto implica la disponibilità a far proprio un altro punto di vista, quello di chi si aiuta. Uscire come da sè, dalle proprie preoccupazioni, per considerarne altre. Ma questo non “aggiunge preoccupazione a preoccupazione” bensì le ridimensiona entrambe. Già il sorriso sul volto di chi si è aiutato ne apre un altro sul nostro, poi quando si torna alle proprie occupazioni, il cambio di prospettiva ce le mostra già più piccole, più facili da gestire. Un aiuto a chi tende la mano quindi è mai un a perdita di tempo, quasi sempre un guadagno per entrambi.