Tenera consolazione
V giorno dell’ottava di Natale
(1Gv 2,3-11 / Sal 95 / Lc 2,22-35)
La buona nevicata di ieri – come si dice – ha ripulito l’aria. Una sensazione respirabile. Forse cadendo ogni fiocco cattura polveri sottili e le trascina al suolo lasciando a noi quest’aria decisamente più limpida. Di questi tempi più moderni, c’è un’altra ripulitura che la neve compie. Protagonista indiscussa in tutte le immagini dello stato di «whatsapp». Non ho altri social network, ma potrei dedurre che anche altrove sia successo qualcosa di simile. Una vera pulizia da tante cose – non sempre gradevoli – che si pubblicano a riflettere spesso gli stati d’animo. Ignari poi che gli stessi figli colgono, vedono e respirano tutto quello che c’è nell’aria del mondo virtuale.
Con la neve fioccano così immagini scattate dalle finestre di casa: cortili, strade, alberi, colli e campi. E col passare del giorno vedi il passare dell’uomo. Nella realtà e nel mondo virtuale. Le prime immagini apparse sono uno spettacolo di candore immacolato. Verso sera scie di automobili, orme di piedi… ma soprattutto la neve accompagnata dai bambini, che insieme agli angeli del presepe, potremmo chiamare «ministri della gioia». Se lo meritano proprio questo titolo, onorifico a tutti gli effetti. Ciascuno nella vita ha le sue mansioni, un suo ministero, un compito o una missione da compiere. Loro, i piccoli, sono davvero per noi adulti i ministri della gioia. Ce la portano a manciate come si coglie la neve per improvvisare un gioco divertente e innocente o per farne un pupazzo di neve, goffa parodia dell’uomo stesso. E chi non ha giocato a sdraiarsi nella neve per lasciare traccia di uno sfarfallio di ali d’angelo? … Se qualcuno ancora stentasse a credere alla comune missione di angeli e bambini. Angeli e bambini cantano la gloria di Dio che riempie ora il cielo, ora la terra.
La vicenda della strage degli innocenti lascia nel nostro cuore moltissime domande. Ad esse qualcuno ha dato voce proprio nei commenti. Ci sono domande più che serie che abitano il nostro cuore. Nemmeno le risposte confezionate dalla filosofia o dalla teologia hanno placato questa sete di capire… certo è che la riflessione stessa, il pensare attorno all’uomo trae proprio origine anche dalla questione dell’ingiustizia, del dolore e del male innocente. Forse possiamo anche solo cogliere l’urgenza di non aggiungere male a male. E questo lo possiamo. Ciascuno per la sua parte. In fondo non è proprio nel modo di porsi di ciascuno che la vita prende pieghe e forme particolari? Nella “Bibbia dei Bambini” che stiamo leggendo insieme, attraverso registrazioni audio quotidiane, proprio ieri leggevo: «Gesù voleva annunciare alla gente l’amore di Dio e non insegnare loro a chiedere miracoli» (Silvia Vecchini, la Bibbia dei Bambini, pag. 222). L’urgenza è dunque imparare a vivere alla maniera di Gesù. Ed è per questo che ci preme di farlo conoscere, «perché si conosca sulla terra la tua via, fra tutte le genti la tua salvezza» (salmo 66).
La percezione è dunque che siamo in ritardo sulla via del Bene. E forse per questo che Maria corse in fretta dalla cugina Elisabetta. Per troppo tempo la Bibbia è stata chiusa per noi. E quando s’è potuta aprire, non sempre i nostri occhi le sono caduti addosso e non sempre le nostre orecchie vi hanno prestato ascolto. Proprio come «sta scritto».
La consolante visione di bambini felici che giocano nella neve m’è parsa davvero una visione angelica e tutta natalizia. E fa male al cuore vederli annoiati… con tutto quello che hanno. E fa bene allo spirito saperli per qualche ora liberi di giocare e creare. Non demonizzo la tecnologia… la sto utilizzando pure io. Ne vedo il pericolo quando ci sganciamo dal mondo reale. Anche se troverò sempre qualcuno disposto a spiegarmi il bene che fanno pure i videogiochi sempre più realistici e simili al quotidiano: così si gioca alla guerra con armi da fuoco virtuali come se niente fosse. E si costruiscono case e palazzi, si aprono attività commerciali come se niente fosse. Ho giocato anche io con i soldatini di plastica (che sostituivano quelli di piombo), ma non credo più di un giorno. È il contatto con la natura nella sua realtà quotidiana che ci serve maggiormente. È l’uomo capace di vivere ogni cosa alla sua stagione.
Perdonatemi queste apparenti divagazioni… ma non mi sento affatto perso in queste riflessioni pratiche nate attorno alla neve ma soprattutto nel meditare attorno al vecchio Simeone che, ormai alla sera della sua esistenza, prende tra le sue braccia il bambino Gesù. «Egli è qui per la caduta e la resurrezione di molti, a svelare i pensieri dei nostri cuori» (Lc 2,34). Il messaggio natalizio fiocca chiaro, semplice e diretto dal cielo: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5). Ogni figlio che nasce poi è davvero ministro della gioia, portatore di buone notizie, annunciatore di ciò che più conta nella vita. Il Figlio di Dio – ma pure ogni figlio dell’uomo – è qui per consolare quel popolo che sarà sempre più il suo popolo. Come sta scritto prima di Lui nelle parole di Isaia quando dice. «Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemmee gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata» (Is 40, 1-2). Come sta scritto dopo di Lui, nelle lettere di Giovanni: «Abbiamo un Paràclito – un Consolatore – presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto» (1 Gv 2,1).
Dio di Abramo, è un fatto di fede ogni vita:
è atto di fede concepire e generare:
dona, Signore, ai padri e alle madri
il coraggio di procreare ancora:
che nascano ancora figli a sfidare
questa paura della fine che ci desola!
Che tutti gli anziani possano cantare all vita,
luminosi di gioia per aver sperato.
E di ogni figlio si possa dire, Signore,
che cresca in età, sapienza e grazia
davanti a te e davanti agli uomini.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,22-35)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Noi siamo della tua razza
da quando Tu stesso, Creatore di tutto,
sei diventato Figlio, facendoci tuoi figli nella grazia.
Tu sei della nostra razza quanto alla cara,
noi della tua razza quanto alla divinità;
poiché prendendo la nostra carne
ci hai dato il tuo Spirito,
e tutti insieme ora siamo l’unica casa di Davide,
e noi, che siamo figli di Davide,
siamo tua razza!
E quando ci riuniamo, diventiamo una sola famiglia,
tutti fratelli tuoi.
Tu sei con noi.
Di ciascuno Tu fai la tua casa e abiti in tutti,
e diventi la cosa di tutti, e noi in Te abitiamo,
ciascuno di noi, Salvatore, restando noi,
e Tu restando te stesso,
e in ciascuno di noi Tu sei solo con lui solo,
e al di sopra di tutti, sei ancora solo e intero.
Dal momento che sei in noi, ci fai grandi prodigi:
noi diventiamo tue membra,
e Tu diventi membro di noi;
Tu diventi la mia mano e il mio piede,
per me miserabile!
e la tua mano e il tuo piede, sono io, sventurato!
(Simeone nuovo teologo)
Il tempo Natalizio ci porta ad assaporare il significato delle piccole cose,dei gesti umani più quotidiani fatti con amore.La neve ha contribuito a confermare questo: Silenzio,pace,tenerezza,purezza e semplicità….. Tu Signore sei così umano ed io ancora lontana…rendimi docile….
Grazie don Stefano, le tue parole sono sempre illuminanti. Certamente è vero che al male dobbiamo impedire l’eco. E non dobbiamo mai smettere di farci delle domande.
Concordo con Marco, che non conosco ma che leggo: anche l’ipocrisia e l’indifferenza sono dei mali da non alimentare. Mi spiace dire questo, ma a volte abbiamo atteggiamenti spiritualistici che di spirituale non hanno nulla. C’è da lavorare su noi stessi per essere uomini e donne coerenti e con i piedi ben ancorati alla terra.
A Mantova niente neve, tanta pioggia e vento. A Bose un manto meraviglioso, come da voi.
Ieri mattina è stato bello vedere i miei due piccoli vicini di casa ridere e scorrazzare nella neve.
Lo stesso stupore e la stessa gioia che oggi sentiamo nelle parole di Simeone, che ancora una volta ci insegna che anche da anziani è importante mantenere lo stupore dei bambini davanti all’opera del Padre, qualunque essa sia, per goderne fino all’ultimo giorno della nostra vita.
Quanto è vero che abbiamo più bisogno di natura di quanto non crediamo! Grandi, piccini e soprattutto anziani. Anche i miei nipoti giocano con alcuni videogiochi, ma la soddisfazione ed i sorrisi più satolli li sfoggiano solo dopo un’esperienza all’aria aperta: che sia al parco dietro casa, al parco-avventura, al mare o sugli sci… E non hanno mica nostalgia del videogioco, proprio no. Per non parlare delle raccomandazioni di geriatra e fisioterapista rispetto alle nonne:”Mi raccomando la faccia camminare, la porti al parco a prendere il sole! Poi anche qualche respirazione bella profonda”. Alla fine delle passeggiate, dopo i bei respironi, anche io stessa torno a casa più distesa, più quieta, come emersa dallo stress quotidiano. Il contatto con la natura è una vera panacea, per di più gratuita!
Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato.
Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. (1Gv 2,3-11)
Ecco forse è questo che oggi ci manca. Essere coerenti e non ipocriti. È difficile certo lo è, tramutare in azioni quello che spesso esce dalla nostra bocca con parole suadenti e misericordiose.
Bene, è questo che dovrò cercare di fare; non solo Ascolto e Culto ma anche, come tu ci dici don Stefano, Carità.