Tornarono pieni di gioia
Chiesa di Taizè, la croce in ferro e sullo sfondo i riflessi delle vetrate.
XIV domenica del Tempo Ordinario (C)
(Is 66,10-14 / Sal 65 / Gal 6,14-18 / Lc 10,1-12.17-20)
Tornarono pieni di gioia. Questo potremmo proprio dire di questo viaggio in Borgogna del quale vi abbiamo raccontato, seppur minimamente, scrivendo in pullman tra uno spostamento e l’altro. Sì, siamo tornati pieni di gioia. Lo dicono i messaggi che circolano nel gruppo, lo dicono le fotografie dai volti sorridenti. Un viaggio – che sia un pellegrinaggio, un’escursione culturale o anche una vacanza – può avere un rimando immediato a quanto ascolteremo oggi nel Vangelo. È chiaro che le ragioni dei nostri spostamenti, dei nostri viaggi, dei nostri tragitti tra un’andata e un ritorno, li decidiamo e li viviamo per lo più a prescindere dal Vangelo. Ma è vero che andando per il mondo, uscendo semplicemente incontro al giorno, potremmo vivere questo spostamento come fosse una missione affidataci da Gesù stesso. Ma ascoltiamoLo dunque, invocando anzitutto e ancora pace e consolazione…
Dio di consolazione e di pace,
che chiami alla comunione con te tutti i viventi,
fa’ che la Chiesa annunci la venuta del tuo regno
confidando solo nella forza del Vangelo.
Amen.
(orazione di colletta dalla liturgia odierna)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
Supponiamo dunque che ogni nostro spostamento sia da intendere come una missione, un invio che invita a preparargli la strada. Un po’ come fu per Giovanni Battista e come fu per i discepoli. Come fu, prima di tutto in Gesù stesso. Lo stile con cui noi attraversiamo la vita, il nostro andare per il mondo tra le vicende quotidiane è questo che pone le condizioni perché il regno di Dio possa essere incontrato e riconosciuto presente in mezzo a noi. La messe è abbondante, lo spazio d’azione è incredibilmente esteso e il campo è maturo: è cioè tempo di raccogliere per non disperdere, è tempo di non sprecare alcuna occasione favorevole. Senza nulla imporre, senza costringere, senza obbligare. Ma con una grande consapevolezza che anche da come i discepoli vivono in mezzo agli uomini si potrà cogliere la bellezza del regno di Dio, proprio come si contempla una messe abbondante. Non servono nemmeno troppi progetti, non troppi strumenti, non troppe risorse se non quanto consiglia il Vangelo stesso. Andare attrezzati di tutto non dice nulla della fiducia che si fa al cammino e a coloro che si incontreranno.
Alcuni giorni fa, arrivando a Taizé, c’era stato consegnato un piccolo volantino. E nemmeno c’è stato detto di leggerlo. Questa mattina, svuotando lo zaino mi torna tra le mani e ne faccio oggetto di riflessione. Mi pare che suoni bene insieme al Vangelo di oggi.
Accrescere l’unità, creare dei legami: ecco una delle più grandi sfide del nostro tempo. Il periodo attuale infatti è caratterizzato da evoluzioni contraddittorie. Da un lato, l’umanità sta diventando sempre più consapevole di essere interconnessa e legata all’intera creazione. […] D’altra parte, il mondo è sempre più polarizzato. Questo provoca nuove spaccature nella società, tra paesi e perfino all’interno delle famiglie. I cristiani non sono immuni da questi antagonismi. Tra le Chiese ed anche al loro interno, le differenze si induriscono e si trasformano in divisioni, proprio nel momento in cui la nostra testimonianza di pace, con tutta la nostra diversità, sarebbe vitale.
La Chiesa è chiamata ad essere luogo di amicizia per tutti. Per riuscirci è necessaria oggi una radicale conversione di fedeltà al messaggio evangelico. Cristo ci chiede di essere, con la nostra comunione tra fratelli e sorelle, il segno che Lui è venuto a unite tutti gli esseri umani nell’amore di Dio. (fr. Alois)
L’importante è accettare di dare e ricevere gli uni dagli altri… per arrivare al punto in cui si comprende che l’essenziale della fede apostolica può essere espresso lungo linee diverse ma convergenti. E per il resto, sperare e attendere una nuova effusione dello Spirito ed essere pronti ad accoglierla. (Elisabeth Behr-Siger, teologa ortodossa, 1986)
Tornarono pieni di gioia… cosa che di questi tempi potrebbe già bastare. Abbiamo bisogno della gioia di chi torna felice da una missione. È segno che s’è camminato. È segno che s’è vissuto qualcosa che poteva risultare incognito. È segno che l’invito è stato accolto, che il seme ha portato il suo frutto. Di questa gioia Gesù indica la sorgente profonda, la vera radice: «Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». È perché abbiamo Dio per Padre che possiamo osare la fraternità. Qui sta la sorgente e lo spazio infinito entro cui muoverci.
Lo sguardo tuo
sereno e mite
incantò l’anima mia,
che cosa potrò dirti in cambio,
Signore, quale lode ti potrò offrire?
Tu dai la grazia
pesche l’anima
bruci incessantemente d’amore
e non conosca riposo,
né giorno né notte.
In te solo trovo riposo,
il tuo ricordo riscalda l’anima.
Ti cerco. Ti perdo.
Mostrami il tuo volto,
desiderato giorno e notte.
Signore, fa’ che io ami te solo!
(Silvano del Monte Athos)
Le cronache del vostro viaggio mi hanno riempito di gioia,sperando in futuro di poter partecipare a un viaggio di unione e gioia.
Ogni giorno è un viaggio che facciamo andando incontro ai vari momenti della giornata. Incontri, impegni, lavoro, pensieri e preghiere.
Magari arriviamo a sera con il sorriso sulle labbra perché tutto è andato bene, siamo riusciti a benedire, cioè a dire bene di tutto e di tutti, forse un po’ a fatica…
Viaggio come metafora di vita.
L’uomo ha da sempre intrapreso viaggi che hanno portato incontri, scambi culturali ed economici, purtroppo anche bramosia di conquista e guerre.
Anche Gesù ha fatto del viaggio il modo per raggiungere tutti con l’annuncio Evangelico.
Si viaggia materialmente, si viaggia con la fantasia…
E, a proposito di gioia, si fa del “viaggio” una terapia non farmacologica per chi è affetto dal morbo di Alzheimer.
Ci sono, per fortuna, persone che prendono a cuore determinati problemi cercando un approccio non convenzionale.
Così capita che, in luogo apposito, venga ricreato il vagone del treno, con le poltrone una di fronte all’altra, il tavolino in mezzo, le retine per i bagagli sopra le teste…
E per finestrino un grande schermo televisivo da dove si possono vedere scorrere i paesaggi che solitamente vediamo da un normale finestrino del treno.
L’intento è quello di soddisfare la richiesta di questi pazienti, per i quali la realtà che li circonda non dice più niente, ma che conservano la voglia di andare, camminare, muoversi e, se non possono farlo, si mettono in agitazione, ansia, etc.
Un viaggio solo nella loro mente, ma i sorrisi che questo genera valgono gli sforzi per realizzarlo, evitando così di ricorrere, purtroppo, alla somministrazione di farmaci calmanti.
Allora…. buon viaggio a tutti, cercando di tornare con la gioia nel cuore per essere riusciti nelle nostre varie missioni.