Troppo in là? (Oltre la paura)
Mariangela Calabrese, Nel vento, nel mare, nella notte buia, 2018
(At 6,1-7 / Sal 32 / Gv 6,16-21)
La condivisione dei cinque pani d’orzo e due pesci moltiplicati dalla generosità di un ragazzo unita a quella di Gesù stesso è il quarto segno presente nel Vangelo di Giovanni. I primi due avvennero a Cana: trasformò l’acqua in vino, guarì il figlio di un ufficiale del re. A Gerusalemme, presso la piscina di Betsathà, guarì un paralitico senza bisogno di gettarlo nelle acque miracolose. Fu il terzo segno.
Dopo che Gesù ebbe moltiplicato i pani, segno di una sconfinata compassione e della sua volontà di esserci per tutti e per ciascuno, si ritirò solo. Perché? Non ebbe mai paura a far dono di sé, fino alla fine, ma non permise che la relazione con Lui fosse costruita dagli uomini quando questi lo cercassero per farlo re. Rimase Figlio di Dio, e tale lo riconobbe un soldato romano, sebbene sopra il suo capo avessero scritto «Il re dei Giudei». Re di altri e non di quelli che lo crocifissero perché un re così – appunto! – nessuno lo vorrebbe. Noi stessi ancora fatichiamo a convertirci a questa visione della vita e della fede. Siamo sempre orientati a volontà di potenza. Non dimentichiamoci che la condanna a morte di Gesù era già segnata al terzo segno. I responsabili religiosi lo giudicarono già degno di morte per quel suo spingersi troppo in là, per quella sua capacità di andare oltre. Oltre la tristezza, oltre la malattia, oltre il dolore, oltre la tempesta, oltre la morte stessa. Troppo in là! Un qualche affare gli uomini hanno imparato a farlo anche sulle disgrazie della povera gente, ma Lui sembrava non sopportare nemmeno questo. Non sfrutterà il successo venuto da folle sazie per essere re. Anche perché il suo sguardo fu attirato fin da subito dalla generosità di quel ragazzo. Come si può accettare di essere fatti re sulla base di un dono fatto da un altro? Questo sarà il segno: offrire se stessi.
Alla sera di quel giorno iniziato troppo bene, le cose cambiarono. Venne la sera ma venne anche il buio. Gesù non ha ancora raggiunto il gruppo dei discepoli. E il buio era davvero buio. Il buio lascia tutti immobili al proprio posto finché torni la luce di un nuovo giorno. Al buio puoi solo alzare gli occhi al cielo, vedere le stelle, un pallido riflesso lunare quando il cielo è terso. Tempo di poeti e di sognatori la notte stellata. Tempo per sentirsi figli di Abramo. Ma non è concesso. Quel lago che poteva sembrare uno specchio per contemplare, seppur al rovescio, le cose del cielo, è infranto dalle onde increspate da un forte vento.
I discepoli, esperti marinai, remano in fretta per tentare di raggiungere la riva. Istinto umano di contare sulle proprie forze. Forti perfino del fatto che l’unione fa la forza. Che almeno remare insieme sapevano farlo se c’era da salvare la pelle! Ma assieme al vento, alle onde arriva anche la paura. E a nulla valgono bravura e prodezza da pescatori. E il coraggio non viene da sé, sopratutto quando la paura s’è già fatta padrona.
Finì che lo presero in barca e in un attimo – com’è possibile? Unica obiezione concessa davanti alle grandi rivelazioni di Dio – furono in salvo. Ma ancor prima di prenderlo a bordo, venne la Parola. Oltre ogni paura. Si presero a cuore quella Parola che disse quando ancora il mare era agitato mentre Lui – un vero Signore! – camminava tranquillo sulle acque. «Sono io, non abbiate paura!».
Dio e Padre nostro
che nei misteri pasquali hai aperto ai tuoi fedeli
la porta della misericordia,
volgi ancora il tuo sguardo su di noi e abbi pietà,
perché, seguendo la via della tua volontà,
per tua grazia non ci allontaniamo mai dal sentiero della vita.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6,16-21)
Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
Il Signore del mondo che regnava
già prima che qualunque creatura fosse plasmata
nel momento in cui tutto fu fatto
conforme al suo desiderio
allora cominciò a essere chiamato re.
E dopo che tutto avrà cessato di esistere
regnerà ancora da solo, maestoso:
Egli era ed egli è,
egli sarà nella gloria.
Egli è Uno e non vi è un secondo
che gli si possa unire o paragonare;
senza inizio e senza fine,
a lui appartengono forza e dominio:
È il mio Dio, è vivo il mio redentore,
la mia roccia, la mia sorte
nel tempo dell’angoscia,
la mia insegna e il mio rifugio.
Nella sua mano affido il mio spirito,
quando dormo e quando mi sveglio,
non solo lo spirito ma anche il corpo:
il Signore è con me, non ho timore.
dalla liturgia ebraica
Gesù, sali sulla mia barca, entra nella mia vita. Dai fiducia ai miei gesti e alle azioni che ogni giorno tento di realizzare. Donami calma e serenità nei giorni bui ed insieme a
Te, giungerò sicura al porto della
mia vita, senza paura.
È rassicurante e rincuorante poter pensare che il Signore è al di sopra di ogni avversità… Partendo dal nostro possibile, Lui rende anche l’impossibile possibile e dal poco che abbiamo, come 5 pani d’orzo e 2 pesci, tira fuori il molto. I frutti della terra li moltiplica, chiedendoci però di condividerli e noi siamo anche terra, Sua terra. ChiediamoGli di fecondarci sempre, con la Sua Parola.
Signore Gesù, Compagno fedele del viaggio della mia vita ,volgi il Tuo sguardo sulla mia famiglia, fa che le tempeste del giorno non mi allontanano da Te,fa che sappia sempre affrontare con gioia la Tua volontà per essere testimone credibile del Tuo amore