Tu che hai tempo per noi
III domenica del Tempo Ordinario (B)
(Gio 3,1-5.10 /Sal 24 / 1Cor 7,29-31 / Mc 1,14-20)
Succede spesso di ritrovarci a fare i conti con comportamenti personali o sociali che potrebbero farci pensare o concludere d’essere sempre punto e a capo. Si tratterebbe dunque di accettare ciò che non riusciamo a cambiare oppure sperare e credere ad un cambiamento ancora possibile? A volte potremmo persino dubitare o temere che non ci sia più tempo per porre un rimedio ad una storia che pare piuttosto sprofondare, peggiorare, aggravarsi. Probabilmente anche questo fa parte della nostra esperienza di creature. Il limite non è segnato solo dalla fine, ma da un tempo che pare non procedere in direzione positiva; un tempo che sembra farci girare solo su noi stessi… la storia perde una direzione, la vita perde il fine, ogni cosa sembra perdere di senso.
Il tempo si fa breve, pare sfuggirci di mano. Il tempo vola, se ne va… ma le letture di oggi sembrano dirci che c’è un altro tempo, quello di Dio. Un altro tempo diverso dal nostro, proprio come ci sono altri pensieri – quelli di Dio – che non sono affatto i nostri. Cosa succederebbe dunque alla nostra storia che sembra solo scorrere ciclicamente, se improvvisamente potessimo darle una direzione, un fine, una meta, un senso, una ragione?
Non si tratta di sognare un altro mondo, un’altra realtà ma più semplicemente si tratta di lasciare che una parola di Dio entri nella nostra storia, nel nostro tempo, nelle nostre città, nella nostra vita quella delle nostre occupazioni quotidiane, anche la vita professionale. Il Vangelo – cioè la buona notizia – è proprio in questo fatto: che Dio è entrato nel nostro tempo per cambiare il corso degli eventi. Fuggire dal mondo, dalla storia con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni oppure attraversare la città degli uomini per dare nuovamente un senso ad ogni cosa che in essa viviamo? È il dilemma di Giona che inizialmente rifiuta l’invito di Dio a portare nella città di Ninive la sua Parola. Giona fugge nella direzione opposta ma finirà per ritrovarsi lui stesso bisognoso d’essere ripescato dall’abisso in cui si vede sprofondare, convinto com’era che quella tempesta in mezzo al mare e la sua caduta negli abissi fosse una diretta conseguenza della sua disobbedienza a fare ciò che Dio gli stava chiedendo. Lo stesso profeta Giona dovrà uscire da quella visione di un Dio che punirebbe coloro che non fanno la sua volontà. E così, mentre si trova nel fondo degli abissi a pregare e sperare una qualche salvezza, è Dio stesso che interviene dando ordine ad un pesce (assai più obbediente dello stesso Giona) che interverrà per riportare sulla terra ferma quel profeta che il Signore non esiterà a chiamare nuovamente affinché entri a Ninive per manifestare quanto Dio stesso voglia entrare nelle nostre città e nel nostro tempo. Il tempo per noi si farà davvero breve se non permettiamo che Dio vi entri. Se invece la sua Parola viene fatta risuonare nel nostro tempo, nel nostro quotidiano ecco che improvvisamente possiamo fare ancora l’esperienza d’essere da Lui raggiunti… è quello che afferma il Vangelo: Dio offre a noi, fragili creature, la gioia di un tempo ulteriore, il tempo della sua grazia, il tempo pieno perché il tempo non è mai favorevole se l’uomo è solo, se l’uomo non fa esperienza della vicinanza di Dio e di una fraterna compagnia tra le creature.
A questo fine chiamò discepoli. Li chiamò raggiungendoli nelle loro attività quotidiane. Non per altre strade, non per altri modi. In quel tempo e in quel luogo che sono i nostri, si compie il tempo di Dio. Anche nei giorni che noi considereremmo meno propizi: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio… inizia così il Vangelo di oggi. Così continua la nostra storia…
Dal Vangelo secondo Marco
(1,14-20)
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Tu che tieni nelle tue mani
ciò che è stato e ciò che sarà,
fa’ che sappiamo raccogliere nelle nostre mani
i momenti dispersi della nostra vita.
Aiutaci a conservare il passato
senza esserne immobilizzati,
a vivere rendendoti grazie e senza nostalgia,
a conservare fedeltà e non rigidità.
Libera il nostro passato
da tutto ciò che è inutile,
che ci schiaccia senza vivificarci,
che irrita il presente senza nutrirlo.
Donaci di restare ancorati al presente
senza esserne assorbiti,
di vivere con slancio e non a rimorchio,
di scegliere l’occasione favorevole
senza aggrapparci alle occasioni perdute,
di leggere i segni senza prenderli per oracoli.
Libera il nostro presente
dalla febbre che agita
e dalla pigrizia che spegne ogni decisione.
Donaci il sapore del momento presente
e liberaci da ogni sogno illusorio.
Facci guardare al futuro,
senza bramare la sua illusione,
né temere la sua venuta;
insegnaci a vegliare.
Libera il nostro avvenire
da ogni preoccupazione inutile,
da ogni apprensione che ci ruba il tempo,
da tutti i calcoli che ci imprigionano.
Tu sei il Dio che mette il tempo
a disposizione della nostra memoria,
delle nostre scelte, della nostra speranza.
(Joseph Rozier)
Mentre leggevo questa riflessione mi sono venuti alla mente due ricordi che penso siano attinenti al tema.
il primo è una bella preghiera/poesia di Michelle Quoist sul tempo (la riporterò intera su Litanie delle piccole cose). Quoist ironizza su noi che non abbiamo tempo a sufficienza, non ci basta mai, così tralasciamo di dare spazio al Signore e ai fratelli, alla fine dice al Signore: “beh, hai sbagliato i calcoli, hai fatto le ore, i giorni, la vita troppo brevi, così gli uomini non hanno tempo sufficiente…”.
Il secondo ricordo riguarda la riflessione di una Pastora Valdese, ascoltata in una trasmissione radiofonica (Ascolta… si fa sera).
La riflessione riguardava la reazione che gli Stati Uniti avevano avuto dopo gli attentati alle Torri gemelle.
Per la Pastora sarebbe stato meglio che gli Usa si fossero fermati a riflettere e chiedersi il perché di quello che era successo invece di lasciare agire l’odio e la vendetta, nonostante il dolore la rabbia e l’incredulità di quanto accaduto, anche con l’aiuto della Parola di Dio, lasciando che il tempo riuscisse a portare guarigione.
Così ho pensato all’attentato che Hamas ha inferto ad Israele lasciando dietro di sé una scia di dolore rabbia incredulità.
Porto grande rispetto per la situazione di dolore in cui si trovano adesso gli Israeliti, ma proprio per questo sono convinta che la riflessione della Pastora Valdese valga adesso come allora.
Un popolo che si ferma, si interroga ed eleva una forte e continua preghiera corale al Signore, non può non ricevere la Sua attenzione e vicinanza.
Di sicuro il Signore farebbe sentire la Sua presenza concedendo “tempo” che potremmo utilizzare per “costruire” invece di distruggere, perché se no, sentiremmo la voce di Giona per le nostre strade: “Ancora quaranta giorni… e il mondo sarà distrutto, se non coltiviamo la certezza che possiamo cambiare in meglio”