Tu smetti di fare segni. Dacci il tempo di cogliere la tua mitezza. Saremo segno.
In Gesù abbiamo ogni cosa, ed Egli è tutto per noi. Se desideri medicare le tue ferite, Egli è medico. Se sei travagliato dalla sete, Egli è la fonte. Se ti trovi oppresso dall’iniquità, Egli è giustizia. Se hai bisogno di aiuto, Egli è potenza. Se hai paura della morte, Egli è la vita. Se fuggi le tenebre, Egli è la luce. Se cerchi il cibo, Egli è nutrimento.
(sant’Ambrogio)
Dal Vangelo secondo Matteo (12,38-42)
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».
Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
Quando scacciò i demoni, lo accusarono di farlo per mezzo del principe dei demoni (Mt 12,24): il classico caso di lotta intestina all’interno di uno stesso regno. Una sorta di malattia autoimmune insomma: il male che fa male a se stesso. Lui sosteneva invece di scacciare i demoni per mezzo del dito di Dio. L’espressione farebbe pensare ad un tocco, una leggera pressione sufficiente a debellare il potere del nemico; la misura della mitezza, quella giusta dose di forza che alleggerisce l’esistenza e al contempo fa incombere su di essa il regno di Dio. In ogni caso, direbbe anche Gesù, il risultato finale è che il demonio è alla fine, il Male che sembra tutto inghiottire ha i giorni contati.
La questione del male ci spiazza nel nostro buon desiderio di stare alla presenza di Dio. Quando andiamo all’altare di Dio, quando ci raduniamo attorno all’unica tavola – perché lì sembra d’essere maggiormente alla sua presenza – succede pure di ricordarsi che un fratello ha qualcosa contro di te (Mt 5,23). Succede che, come spina nella carne, ti pungola la questione del male proprio mentre stai cercando il Bene. È la storia del grano e della zizzania. Se gli basta un dito per scacciare i demoni, perché non usa tutta la sua forza per togliere definitivamente ogni male? Un solo segno. Fallo con la mano e non solo col dito. Stendi il tuo braccio… usa tutta la tua forza e togli tutto il male dal mondo.
Poi siamo pure ripetitivi nel nostro modo di immaginare come Dio possa intervenire: siamo così concentrati ad attenderci sempre miracoli che il segno nuovo e definitivo non siamo capaci di vederlo. Nulla di nuovo ci sarebbe nelle guarigioni e nei segni prodigiosi compiuti da Gesù. Sono tutte cose che già altri profeti del passato avevano compiuto ed è ben per questo che spesso Gesù veniva scambiato per un profeta redivivo o messo a confronto con altri. Se semplicemente avessero colto l’assoluta novità portata da Gesù avrebbero detto più semplicemente che si trattava di qualcosa di mai visto, Di qualcosa che non ha eguali né paragoni. Quanti profeti prima di Gesù, quanti prodigi in favore dell’uomo… ma Israele continuava a rimanere schiavo dell’oppressione e della morte.
Quando poi venne tra i suoi, non ci furono tutti quei segni cosmici, quei fatti terrificanti nel cielo annunciati dagli stessi profeti: niente sole ballerino, niente luna che precipita al suolo insieme alle stelle… Niente di tutte queste cose. Per noi Sole e Luna restano ancora nel cielo a scandire il tempo, per permetterci di distinguere anche solo il giorno dalla notte. Venne di notte per illuminarla e perché noi siamo nelle tenebre. Venne nel silenzio perché noi continuiamo a fare rumore. Venne nella mitezza di un neonato – e quella mitezza non la perse mai – perché l’uomo continua ad esercitare prepotenza. Venne in una stalla perché non si vergogna di abitare nella polvere. Venne tra noi: perché questa era la cosa che nessuno poteva immaginare. Il segno è qui.
Troppo concentrati di vedere ancora quei segni già avvenuti in passato, con l’occhio tarato al desiderio di rivedere quei fatti seppur prodigiosi, non seppero accorgersi di Lui se non per ciò che li infastidiva, per ciò che li punzecchiava come una spina conficcata nella carne. Lo tolsero di mezzo in fretta come si toglie una scheggia quando si pianta nel dito. E pure gli chiesero, salutandolo come Maestro, di poter vedere un segno. Avessero almeno contato tutti quelli che già aveva compiuto! Manco quello. Erano come bambini stanchi del solito giocattolo. Cose già viste, cose che hai già come gli stickers, le figurine che hai già nell’album da collezione.
Ad un certo punto, proprio quando smise di compiere prodigi, miracoli e segni, il segno fu racchiuso, come in una tomba, in quel non dare più segni. Il nostro Dio continua a scandalizzarci per la sua mitezza, per la sua debolezza. E non accettiamo che Dio sia Dio solo perché capace di condividere la nostra stessa debolezza. Egli venne – e continua a rimanere con noi – per farci compagnia quando noi ci sentiamo atterriti dal dolore, schiacciati dal male. Una parola, per quando siamo in condizioni di sentirla, una Sua parola ci può salvare. Il segno (contraddittorio) lo stiamo dando noi che ancora resistiamo a convertirci, a tornare a Dio con tutto il cuore. A vederci, pare perfino che il Suo dito non abbia scritto alcun comando nei nostri cuori di carne, sebbene Gesù rinunciò a scrivere su tavole di pietra il comandamento nuovo.
Giona e Pinocchio si fanno compagnia nel ventre della Balena. Si assomigliano molto quelle due creature ma né Giona né Pinocchio sanno che in quel ventre ci finì pure Gesù. Il segno di Giona non è una favola per bambini (per altro chi mai ha detto che le favole non sono cose serie?). Gesù, il segno più grande di Giona venuto in mezzo a noi è il segno che Dio pazienta ancora oggi e non smette di invitarci a conversione, noi eterni etichettatori, sempre giudicanti, confezionatori di male. Un segno ora lo dovremmo fare noi, quando la mitezza di Dio ci avrà colti nel segno e ci avrà pervasi. Se dunque sentiamo noi pure che ci manca un segno da parte di Dio, chiediamogli semplicemente che ci infonda quella forza sufficiente a una nostra costante, perseverante e paziente conversione.
Il salmo 81 (80) che preghiamo questa mattina è un invito a cantare e lodare Dio. Se fossimo più disposti a perdere tempo per cantare di Dio, già questo sarebbe un gran bel segno! Segue, nel Salmo, una veloce carrellata di numerosi exploit, di azioni grandi che Dio ha compiuto in favore del suo popolo. Il modo con cui Dio intervenne in loro favore fu davvero un linguaggio nuovo rispetto a quanto noi ci aspettiamo che Dio possa dirci. Eppure il popolo continua a non ascoltare la voce di Dio. Non sappiamo cosa ci perdiamo!
Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate il Dio di Giacobbe!
Intonate il canto e suonate il tamburello,
la cetra melodiosa con l’arpa.
Suonate il corno nel novilunio,
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
Questo è un decreto per Israele,
un giudizio del Dio di Giacobbe,
una testimonianza data a Giuseppe,
quando usciva dal paese d’Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
»Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
Hai gridato a me nell’angoscia
e io ti ho liberato;
nascosto nei tuoni ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Merìba.
Ascolta, popolo mio:
contro di te voglio testimoniare.
Israele, se tu mi ascoltassi!
Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:
apri la tua bocca, la voglio riempire.
Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti!
Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano;
quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia».
Il Segno della “debolezza”di Dio non è stato accettato dal suo popolo,ma Lui ha continuato a dirci che quella è la sola strada della Sua Rivelazione…fino ai “…tre giorni nel cuore della terra…”Un teologo dice che l’onnipotenza di Dio sta nella sua onnidebolezza…..questo ci fa pensare e agire nel quotidiano nella certezza che LUI È CON NOI….GRAZIE