Ubicazioni geografiche o umane testimonianze?
santi Basilio Magno e Gregorio di Nazianzo
(1Gv 2,22-28 / Sal 97 / Gv 1,19-28)
Betania, che altre volte abbiamo sentito nominare, è il luogo dove vivevano Marta, Maria e Lazzaro. Betania che noi conosciamo è la casa degli amici di Gesù. E sarebbe già una testimonianza sapere che c’è una casa di amici. L’uomo ci si potrebbe rifugiare e trovare un attimo ristoro. Ma c’è una Betania – dice lo stesso vangelo di Giovanni – che nessuno sa precisamente dove sia. Si trova al di là del Giordano, dove Giovanni battezzava. Ma il Giordano scorre per un po’ di chilometri. Duecentocinquantuno per la precisione. E così l’archeologia sbizzarriva nel capire dove fosse quel luogo che, forse, a scriverlo con un’altra vocale troverebbe collocazione in una probabile Batania o Betharaba, località conosciute oltre il Giordano.
Ma il problema non sta nel sito geografico. Ed è un po’ come la storia del giorno e dell’ora della nascita di Gesù. Cosa importa che sia nato a mezzanotte se poi di quella nascita non sappiamo dire altro né testimoniarne l’incontro? Pare sempre che l’uomo abbia bisogno di collocare un fatto con esattezza geografica perché sia attendibile o credibile. Prove archeologiche alla mano, nelle vicinanze del luogo dove Giovanni battezzava altri si immergevano in acqua abbondante per dire una comune speranza, la medesima attesa del Messia. A poca distanza. A Qumran, nei pressi del sito dove Giovanni battezzava, s’era precedentemente stanziata una comunità di monaci esseni. Anche loro in attesa del Messia. Lì ciascuno scendeva da solo nelle vasche lustrali, vigilando bene a non contaminarsi all’uscita con chi stava entrandovi. La novità del battesimo di Giovanni è che era lui ad immergere le persone per poi tirarle fuori dall’acqua. Giovanni aggiunse una variante all’attesa: non ti puoi salvare da solo. Altrimenti perché stare proprio in quel luogo ad attendere un Messia? Se pensi di salvarti da solo, non farti nemmeno immergere!
E l’annuncio di Giovanni li confonderà ulteriormente quando parlerà di un altro battesimo che riceveranno e per giunta nemmeno più con acqua ma nel fuoco dello Spirito santo. Per questo andarono ad interrogarlo. Non capivano chi fosse perché l’uomo pensa di definirsi sempre a partire da se stesso. Eppure siamo figli proprio in riferimento ad un padre e una madre. Parlare di sé potrebbe essere già un testimoniare altro. E non riusciamo più a dire che siamo semplici creature per testimoniare il Creatore.
Ciò che rende credibile il Vangelo non è l’aver trovato un sito, ma l’aver ascoltato la parola per saperla testimoniare sulla propria pelle. E quella pelle sottile e fragile è la nuova tenda, il nuovo velo che può velare o svelare qualcosa di Dio. Giovanni annunciava già che il vero sito dove si può incontrare il Cristo, è proprio nell’umano, quello che sa farsi più fraterno, solidale, capace di far riemergere chi stava per affogare in acque profonde. Quelli che vennero fatti pescatori di uomini dovevano, in fondo, dire la medesima cosa. L’uomo è più uomo se è custode del proprio fratello; se toglie dalle acque profonde coloro che stanno per affogarvi; Giovanni nega ciò che gli altri affermano; rifiuta di essere in un certo modo per dire già chiaramente chi attende. Sapendo che l’incontro con l’Atteso che ci aiuterà a meglio definirci. A dire dell’uomo meglio di quanto noi stessi potremmo dire. Come dire che è proprio l’Amico a farti conoscere l’amicizia, l’Amore a farti sentire amato. Lo Sposo a dire che sei sposa. Così nessuno chiamerà più la terra “abbandonata” da quando Dio l’ha visitata.
Il nostro essere desidera renderti grazie, o Padre,
Tu, nostro amico e difensore.
Nelle tue mani affidiamo la Vita.
Tu ci liberi, Signore, dai molti incubi e paure.
Sei tu, o Dio, che tieni il filo della nostra vita
e ne accompagni il suo lento dipanarsi
verso il traguardo dell’incontro con Te.
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,19-28)
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Tu sei l’al di là di tutto,
cos’altro, infatti, si può dire di te nel canto?
Come potrà inneggiarti la parola?
Nessuna parola, infatti, può narrarti.
Come ti contemplerà l’intelletto?
Nessun intelletto, infatti, può afferrarti.
Tu solo sei ineffabile,
poiché le parole a Te devono l’origine.
Tutte le cose ti cantano,
sia quelle che hanno voce,
sia quelle che non l’hanno.
Comuni sono i desideri di ogni essere creato,
comuni i gemiti che tutt’attorno ti circondano.
Te chiama, con supplice preghiera, il tutto.
A Te è diretto un inno di silenzio:
lo pronunciano tutti gli esseri
che contemplano il tuo ordine.
È per te solo che tutto permane.
È per Te solo che tutto si muove
del moto universale.
E di ogni cosa Tu sei il compimento:
uno, tutto, nessuno,
anche se non sei né unico né tutti.
A Te è ogni nome: come chiamarti,
il solo che non si può nominare?
Quale intelletto, figlio del cielo,
penetra quei veli
che si stendono al di sopra delle nubi?
Sii benigno, Tu, al di là di tutto;
cos’altro, infatti, si può dire di Te nel canto?
Gregorio di Nazianzo, Poesie
La stessa preghiera di Gregorio di Nazianzo è racchiusa in un canto di Taizé: «O Toi, l’au de là de tout, quel esprit Te peut saisir? Tout les êtres te célèbrent, le désir de tous aspire vers Toi».
Se non visualizzi correttamente il video qui sotto, puoi vedere e ascoltare digitando sul seguente link: https://youtu.be/r_4MQtpYC_I
Ho ricevuto stamattina questa preghiera, la dedico in particolare a mia sorella e ad Emy.
Signore,
rendi santo questo mio 2021!
Non proteggendomi da ogni male,
ma rafforzandomi per accoglierlo,
così come viene;
Non rendendo facile il mio cammino,
ma dandomi la forza
per percorrere qualsiasi sentiero;
non evitandomi le difficoltà,
ma togliendo la paura dal mio cuore;
non rendendo la mia vita
sempre piacevole;
ma mostrandomi quando le persone
hanno bisogno di me.
Signore,
benedici con l’amore, la pace,
la speranza e la gioia
che viene da Te,
questo anno che inizia!
Signore,
rendi santo questo mio 2021!
(don Luciano)
Umane testimonianze…
Possiamo essere come l’acqua fresca per ripulire gli animi, dove la Luce non riesce ad entrare..
Non è facile a volte saper ascoltare, se il dolore spegne l’esistenza…