Un tesoro non sta in vetrina
XVII domenica del Tempo Ordinario (A)
(1Re 3,5.7-12 / Sal 118 / Rm 8,28-30 / Mt 13,44-52)
Pour les francophones: la traduction de cette méditation se trouve tout en bas de la page, après la deuxième image.
Anche ieri sera, in compagnia dei miei due cani, sono uscito a passeggiare. Attraversiamo a piedi un piccolo borgo appena fuori dalla grande città. In testa non posso che avere già il Vangelo della domenica appena iniziata con la celebrazione prefestiva. Da una vetrina di una piccola piazza lo sfolgorio dorato di un oggetto materico non troppo definito mi cattura lo sguardo. Incuranti, i miei due bestiali compagni preferiscono sempre annusare negli angoli della strada, con il naso raso ad ogni muro. E questo loro fiutare non lo considero di certo meno nobile del nostro guardare oggetti di pregio. È il loro modo di cercare, di seguire tracce, di discernere passaggi.
Scatto una fotografia pensando di riuscire a catturare solo il curiosissimo oggetto che proprio piccolo non è. Il riflesso della vetrina però fa uno strano e al contempo piacevole scherzo. Sulla sinistra, all’intento del negozio, mensole ordinatissime con prodotti per la cura della persona. L’oggetto dorato in questione fa da spartiacque tra ciò che si vede all’interno e il riflesso di ciò che mi sta dietro, il mondo esterno: la piazza, le abitazioni tipiche, gli ombrelloni di un ristorante.
Non troppo soddisfatto dell’immagine catturata, decido comunque di conservarla. Un solo scatto, senza tentarne altri. Vedrò bene se e cosa farne. Ma il tema è lì… il regno dei cieli è simile ad un tesoro. Guardo con più attenzione l’oggetto e mi accorgo che si tratta di un masso enorme di pietra scura spaccato accidentalmente o volutamente in due. Quel masso appare come ripieno d’oro dall’aspetto lucente e colloso. Sì, il regno dei cieli è simile ad un tesoro che tuttavia non sta in vetrina ad attirare sguardi. Sta piuttosto nascosto in un campo. Credo che all’epoca di Gesù non ci fossero altri possibili nascondigli ove mettere un tesoro. Sicuramente nessun caveau.
Ma quanto era bello giocare alla caccia al tesoro? Seguendo indizi, abbiamo sempre saputo che il tesoro sta nascosto in un campo. Ed è lì che le ricerche poi si fanno più incalzanti. Il campo, la terra, la stessa materia di cui è fatto l’uomo.
E dunque se il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo e di questa medesima terra noi siamo fatti perché tutti discendenti di Adamo, il terrestre, allora già significa che lo stesso tesoro che posso trovare in un campo, lo posso altresì cercare nel più piccolo di me stesso. E non è detto che cercare in sé il tesoro del regno sia più semplice che trovarlo in un campo vastissimo. Non abbiamo veramente le proporzioni di quanto vasti siano i nostri paesaggi interiori: deserti, campi, giardini, mari in tempesta o distese di acque tranquille, fiumi che sgorgano per poi sfociare, semi che cadono in terra e frutti che crescono e maturano. La stanza in ordine per gli ospiti o la soffitta delle cose accantonate… siamo sempre noi. Noi siamo terra e tutto ciò che accade fuori potremmo dire ci può accadere dentro. La madre terra è sempre un grembo che genera. Il figlio nel ventre è già il tesoro della madre. La vita è dentro. La vita è fuori.
Si tratta di cercare oppure a volte di mettere ordine. Si tratta di imparare a discernere, a fare una cernita. È questo il prezioso lavoro dell’uomo custode della terra. Gelosi di cose forse non sappiamo più cos’è essenziale, avvolti di superfluo, indotti al consumo forse non abbiamo nemmeno più amore per tutto ciò che è antico. E antico non significa vecchio, caduco. Ciò che è antico ha conservato nel tempo la sua bellezza. Anzi, il tempo stesso ha fatto bello quella determinata cosa, rendendola preziosa anche per quel suo passare di padre in figlio. E se la fede avesse essa pure questo sapore di antichità sarebbe davvero bellissimo. Non il vecchiume ma l’antico. Il passaggio, la consegna e non il lasciar decadere, il perdere o il dimenticare. E poi c’è sempre qualcosa di nuovo perché Egli è venuto a far nuove tutte le cose, quand’anche noi non ce ne accorgessimo. E così dunque si aprono strade nei deserti, si riempiono reti che a volte ritornavano vuote a riva.
Il Vangelo ci invita a questo prezioso lavoro del discernere, del valutare ciò che più conta per noi. Siamo diventati esperti nelle valutazioni di ogni genere: materiali e persone… tutto passa sotto valutazione. Le statistiche fanno oggetto di attenzioni e manovrano i mercati. Cervelli e macchine esperte di calcoli per prevedere guadagni o perdite… Ma se qualcuno ti apparisse in sogno – perché l’uomo nonostante tutti i suoi calcoli e progetti rimane sempre un sognatore! – e ti chiedesse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Tu cosa risponderesti?
Non è questa la storia della lampada di Aladino. Anche se il tema sembra in qualche modo velato e nascosto già nel racconto fantastico. Accadde piuttosto nel paese di Gàbaon: il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte per rivolgergli quella precisa domanda (1 Re 3,5). E allora cosa risponderesti? Il giovani e sedicente inesperto re Salomone mostra invece la sua grandezza nel farsi piccolo per chiedere qualcosa che con il tesoro ha certamente a che fare. Egli chiede la cosa più preziosa. Non salute. Non ricchezza. Non vittorie sui nemici. Egli chiede un cuore docile, capace di ogni genere di ascolto: ascolto esteriore e ascolto interiore. E ogni ascolto risuona nell’altro, lasciando una eco precisa.
Ora che lo sappiamo, nel sorprendente imbarazzo delle nostre preghiere che oscillano sempre tra il chiedere cose ancora troppo vane o il non sapere nemmeno cosa chiedere, facciamo nostra la richiesta di Salomone. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male. Il bene chi non lo vuole? Ma si tratta di imparare anche a distinguere quello che potrebbe essere un bene per sé da un bene più corale, collettivo. Serve anche un bene che renda giustizia al popolo intero. Re e regine dintorno scesero dal trono per andare ad ascoltare la sapienza che usciva dal cuore di Salomone. Ma c’è per noi uno più grande di Salomone la cui parola possiamo ancora ascoltare. Non sarà forse lui il tesoro o la perla preziosa?
O Padre, fonte di sapienza,
che in Cristo ci hai svelato il tesoro nascosto
e ci hai donato la perla preziosa,
concedi a noi un cuore saggio e intelligente,
perché, fra le cose del mondo, sappiamo apprezzare
il valore inestimabile del tuo regno.
Amen.
(orazione dalla liturgia di oggi)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.
Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.
Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.
Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.
(dal salmo 118)
Un trésor ne s’expose pas dans une vitrine
Hier soir encore, en compagnie de mes deux chiens, je suis sortie me promener. Nous traversons un petit village juste à l’extérieur de la grande ville. Dans ma tête, je ne peux qu’avoir déjà l’Evangile de ce dimanche. D’une vitrine sur une petite place, l’éclat doré d’un objet matériel pas trop défini attire mon regard. Quoi qu’il en soit, mes deux compagnons préfèrent toujours renifler au coin des rues, le nez rasé contre tous les murs. Et ce reniflement, je ne le considère certainement pas comme moins noble que le fait de regarder des objets de valeur. C’est leur façon de chercher, de suivre des traces, de discerner des passages.
Je prends une photo en pensant que je ne pourrai capturer que l’objet très curieux qui n’est pas non plus de petit taille. Le reflet de la vitre, cependant, joue une plaisanterie étrange et en même temps agréable. Sur la gauche, à l’intérieur de cette boutique, des étagères bien rangées avec des produits de beauté. L’objet doré en question agit comme une ligne de séparation entre ce que l’on voit à l’intérieur et le reflet de ce qui est derrière moi, le monde extérieur : la place, les maisons typiques, les parasols d’un restaurant.
Pas trop satisfait de l’image capturée, je décide quand même de la garder. Une seule photo, sans en tenter une deuxième. Je vais décider quoi en faire. Mais le sujet est là… le royaume des cieux est comme un trésor. J’observe l’objet de plus près et je me rends compte qu’il s’agit d’une énorme pierre sombre accidentellement ou délibérément fendue en deux. Ce rocher apparaît comme rempli d’or à l’aspect brillant et collant. Oui, le royaume des cieux est semblable à un trésor qui, cependant, n’est pas exposé pour attirer l’attention. C’est plutôt caché dans un champ. Il faut penser qu’au temps de Jésus il n’y avait pas d’autres lieux possibles pour y cacher un trésor. Certainement pas de caveaux.
Que c’était sympa de jouer à la chasse au trésor! En suivant les indices, nous savions toujours que le trésor était caché dans un champ. Et c’est là que les recherches deviennent alors plus pressantes. Le champ, la terre… la matière même dont l’homme est fait.
Et donc si le royaume des cieux était comme un trésor caché dans un champ et si nous étions faits de cette même terre parce que nous sommes tous descendants d’Adam (le terrestre) alors cela signifie déjà que ce même trésor que l’on peut trouver dans un champ, je peux tout de même le chercher au dedans de moi-même. Chercher le trésor du royaume en soi-même cela n’est guerre plus facile que de le trouver dans un vaste champ! Nous n’avons vraiment pas les proportions de l’immensité de nos paysages intérieurs : déserts, champs, jardins, mers orageuses ou étendues d’eaux calmes, rivières qui jaillissent puis coulent, graines qui tombent au sol et fruits qui poussent et mûrissent. La chambre en ordre pour les invités ou le grenier des choses rangées… nous voici toujours. Si nous sommes «terre», cela signifie donc que tout ce qui se passe en dehors cela peut aussi nous arriver au dedans de nous. La terre est toujours une mère qui génère. L’enfant dans le ventre est déjà le trésor de sa mère. La vie est à l’intérieur. La vie est à l’extérieur.
Parfois il s’agit de chercher, parfois de faire de l’ordre. Il s’agit d’apprendre à discerner, à faire du tri. C’est le travail précieux de l’homme qui prend soin de la terre. Jaloux des nos biens, peut-être ne savons-nous plus l’essentiel, enveloppés dans le superflu, poussés à consommer, peut-être même n’avons-nous plus d’amour pour tout ce qui est ancien. Et ancien ne veut pas dire vieux ou éphémère. En réalité ce qui est ancien a conservé sa beauté au fil du temps. En effet, le temps lui-même a rendu cette chose particulièrement belle, la faisant devenire aussi précieuse par son passage de père en fils. Et si la foi avait encore ce goût d’antiquité ce serait tellement beau! Puis il y a toujours quelque chose de nouveau parce qu’Il est venu pour faire toutes choses nouvelles, même quand on ne s’en aperçoit pas du tout. C’est ainsi des routes s’ouvrent dans les déserts; des filets qui revenaient parfois vides au rivage, désormais se remplissent; ceux qui gisaient dans l’ombre de la mort voient enfin la lumière et revivent.
L’Évangile nous invite à ce précieux travail de discernement, d’évaluation de ce qui compte le plus pour nous. Nous sommes devenus experts dans les évaluations de toutes sortes : matériaux et personnes… tout passe par l’évaluation. Les statistiques attirent l’attention et manœuvrent les marchés. Des cerveaux et des machines expertes en calculs pour prédire les gains ou les pertes… Mais si quelqu’un vous apparaissait en rêve – car l’homme, malgré tous ses calculs et ses plans, reste toujours un rêveur ! – et te demanda : « Demande ce que je dois te donner ». Que répondriez-vous ?
Cela s’est passé au pays de Gabaon : le Seigneur apparut en songe à Salomon pendant la nuit pour lui poser cette question (1 Rois 3 : 5). Alors que répondriez-vous ? Salomon, le jeune roi et soi-disant inexpérimenté montre plutôt sa grandeur en se faisant petit pour demander quelque chose qui est certainement en lien avec cette parabole du trésor. Il ne demande pas la santé. Pas de richesse. Pas des victoires sur des ennemis. Il demandera un cœur docile, capable de toute écoute : écoute extérieur et écoute intérieur. Et chaque écoute résonne dans l’autre, laissant un écho précis.
Dans l’étonnant embarras de nos prières qui oscillent toujours entre demander des choses encore trop vaines ou ne même pas savoir quoi demander, faisons nôtre la prière de Salomon. Accorde à ton serviteur un cœur docile, afin qu’il sache rendre justice à ton peuple et qu’il sache distinguer le bien du mal. Mais enfin, qui ne voudrait pas le bien ? Mais il s’agit aussi d’apprendre à distinguer ce qui pourrait être un bien pour soi-même d’un bien plus collectif, pour tout le monde. Nous avons aussi besoin d’un bien qui rende justice à tout le peuple. Des rois et des reines descendirent de leurs trônes pour aller écouter la sagesse qui sortait du cœur de Salomon. Mais aujourd’hui, pour nous il y a là un qui est bien plus grand que Salomon dont nous pouvons encore entendre la parole. Ne sera-t-il pas le trésor ou la perle précieuse ?
Évangile de Jésus Christ selon saint Matthieu
(13,44-46)
En ce temps-là,
Jésus disait à la foule ces paraboles :
« Le royaume des Cieux est comparable
à un trésor caché dans un champ ;
l’homme qui l’a découvert le cache de nouveau.
Dans sa joie, il va vendre tout ce qu’il possède,
et il achète ce champ.
Ou encore :
Le royaume des Cieux est comparable
à un négociant qui recherche des perles fines.
Ayant trouvé une perle de grande valeur,
il va vendre tout ce qu’il possède,
et il achète la perle.
Cercare e trovare il senso della Vita ti cambia dentro. E ti riempie di gioia!
Gioia che mescoli, o meglio, nascondi nelle pieghe del quotidiano e che può “sfamare” chi ti incontra.
Questa volta devo dire ho trovato particolarmente calzante il parallelo tra l’immagine scelta (“rubata” dall’odierna quotidianità) e la riflessione relativa alle letture. L’immagine di questa sorta di “ricchezza collosa”, che rimanda immediatamente a qualcosa di appiccicoso e, in quanto tale, fastidioso è effettivamente in netto contrasto con la, apparente “assurda” richiesta del giovane Salomone di poter essere un governatore docile, fertile per rispondere alle molteplici necessità di un popolo ricco di diversità. A pensarci sono queste a renderci più ricchi: le diversità di vissuto e d’esperienza, ovvero le due componenti che maggiormente influiscono sul nostro vissuto umano e comunitario. Maggiori sono le esperienze, positive ma anche e soprattutto negative, che si sono fatte nella vita e tanto più si sarà capaci di accogliere, comprendere e -se necessario- accompagnare il vissuto di chi ci sta attorno. Tanto maggiore sarà la capacità di comprensione reciproca, e tanto più facile sarà contribuire insieme alla realizzazione di un mondo più equo per tutti e per ciascuno. Ma per farlo è necessario faticare, non sottrarsi ai percorsi difficili nè a quelli dolorosi, ma accoglierli quali esperienze autenticamente arricchenti e lasciare che fruttino, a tempo debito e senza aver fretta di scovate scorciatoioe. Cosa, quest’ultima, tanto più difficoltosa oggigiorno, ora che, più che mai si pontifica che “il tempo è denaro”, snaturando a questo modo anche il tempo stesso, sottraendolo alla sua più antica -e naturale – funzione di tacito maestro.
Anch’io oggi ho pensato a una caccia al tesoro mentre ascoltavo il Vangelo.
una caccia al tesoro fatta in chiesa qualche mese fa con i bambini di catechismo, per far loro conoscere la nostra chiesa e scoprire il significato e l’utilizzo dei suoi luoghi e arredi.
L’ultima tappa di questa caccia al tesoro ci ha portato al tabernacolo, proprio per dire loro che uno solo è il vero tesoro da cercare.
E direi che anche il vedere la chiesa vissuta come casa da questi bambini, tra corse e risate, forse non proprio usuali in quell’ambiente, è una perla preziosa che mi sono portata a casa.
Un Tesoro e una Perla Preziosa trovata… oggi mi ha illuminato un pensiero di un sacerdote nell’omelia: e se quel mercante o quel contadino fosse Gesù? Allora sono io il Tesoro e la Perla preziosa per Lui che ha dato tutto se stesso per conquistarmi.
È bello dunque sapere che per Gesù siamo così unici e preziosi.