Un test per la memoria o prova di ordinaria abitudine?
(Gen 28,10-22 / Sal 90 / Mt 9,18-26)
Potremmo anche pensare che si tratti di un test per la nostra memoria: se leggendo il brano di Vangelo proposto al nostro ascolto avrete più che una vaga impressione di averlo già ascoltato recentemente, allora significa che avete buona memoria. Ora provate a pensare: quando? Precisamente domenica 27 giugno 2021, XIII domenica del tempo ordinario.
C’è però un particolare: l’autore non è lo stesso. Là nella versione di Marco (Mc 5,21-43) e oggi nel racconto di Matteo. Potremmo quindi lanciarci in una lettura che affianchi i due brani (con termini tecnici si parlerà di lettura sinottica) per trovare le particolarità o le differenze dei due stessi racconti. A prova che davanti ad un fatto ciascuno vede e racconta con parole e modalità proprie. Anche la collocazione stessa di questi episodi nel Vangelo è differente. Alla base della composizione dei Vangeli c’è come un repertorio di parole e di fatti dal quale ogni evangelista attinge. Togliere o aggiunge certe parole o perfino alcuni personaggi può dare degli accenti particolari.
Nel racconto di oggi non ci sono Pietro, Giacomo e Giovanni che potevano apparire necessari nel Vangelo di Marco come tre testimoni oculari attendibili. Matteo non ha bisogno di prove testimoniali. Compaiono però dei suonatori di flauto che probabilmente, nella tradizione del tempo, accompagnavano o velavano con il loro suono i lamenti di lutto e di dolore. Facevano parte del corredo funebre. Suoni che ti si imprimono nella memoria, come certi profumi e certe scene attorno alla morte, nei giorni del lutto. Le note del flauto riecheggiavano da lontano e creavano verosimilmente un alone di lutto, un recinto di dolore, una bolla dentro la quale assumere i toni più mesti e le parole di circostanza. Gesù stesso infrange la barriera di quel suono e non dice nulla di circostanziale: oserà parlare di sonno quando tutti affermano la morte, limite umano oltre il quale non è possibile andare. Incapaci di credere che Dio possa mutare quelle note di flauto che lamentano carenza di vita in nuove armonie di speranza. E un po’ di abiti colorati al posto di tutto quel nero che va sempre di moda?
Così il racconto di Matteo – quello che meditiamo oggi – appare decisamente più essenziale, con meno suspence. Per giunta, sappiamo dunque già come le cose andranno a finire. Il lieto fine è assicurato. Davanti a qualcosa di già visto, di già sentito il nostro ascolto é spesso meno attento, meno interessato. Diventiamo come abituati. A dire il vero dovrebbe essere esattamente il contrario: proprio perché ascoltiamo le stesse cose, le medesime notizie, ci sarebbe da chiederci come mai… Come mai sempre e solo emorragie di vita? Come mai così rassegnati (a volte indolenti) davanti alla morte? Il corpo di quella donna che ha perdite di sangue diventa così il simbolo di un tessuto sociale che perde continuamente vita, che spreca sangue innocente… altrui ovviamente!
Leggere e rileggere il Vangelo è pur dunque un buon esercizio per la memoria (di fede): per non dimenticarci mai di ciò che Dio attraverso Gesù ha fatto in favore dell’uomo; per tener vivo il ricordo delle grandi imprese di Dio in mezzo a noi. E il ricordo dovrebbe aiutare la memoria a connettersi con altri racconti, altri episodi. Come i racconti, molto simili a quello di oggi, di profeti come Elia ed Eliseo, anche loro capaci di ridonare la vita.
Il brano di vangelo di oggi si affianca al racconto di Genesi dove si narra di una visione che ebbe Giacobbe: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. […] Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto».
Ogni volta che apriamo le Scritture – potremmo dire – scende per noi dal cielo questa medesima scala. C’è comunicazione tra cielo e terra. Dio scende per raggiungerci con altri messaggi, altre parole che superano i nostri modi di dire più rassegnati. Siamo invitati a salire quella scala – anche solo per un istante – per vedere da altre prospettive, ritornando poi in questa terra…
Tra morte e vita pare non esserci più quel muro invalicabile davanti al quale l’uomo può solo arrestarsi e fare lamento. Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio». Proviamo anche solo a fare memoria del pane e delle vesti con le quali siamo stati sfamati e coperti, facciamo memoria di tutti i nostri ritorni.
Vieni, Santo Spirito di Dio!
Rinnova in noi il desiderio di vita nuova
per cercare ovunque tracce di bene e di speranza.
Insegnaci a non negare ad alcuno,
un gesto di pietà,
perché nessuno viva abbandoni eterni.
Amen.
Dal Vangelo secondo Matteo (9,18-26)
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
Turbamento e stupore salivano
ogni giorno nell’ora della preghiera
e da lì intravedevi le montagne divine
che sorridevano in attesa.
Ferma o di corsa; tutto era salita
per un fiore a dicembre
o per ascoltare la poesia dell’erba.
Per dare le ali a un angelo spaventato
o per contemplare la bellezza
di un volto sconosciuto.
Salivi di giorno e di notte
ovunque la memoria di Dio
si faceva novità.
Per dissipare il tormento
e far riposare il cuore
dove il cielo era più vicino.
Ieri, motivo di scandalo; oggi, lo deridono; più in là, grideranno: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Come è facile e comodo nascondersi nell’anonimato, tra i compaesani o tra la folla. E autoassolversi perché la colpa è di tutti e di nessuno…
Eppure Gesù ebbe sempre compassione per tutti, sfamandoli e accettando in silenzio la sua condanna a morte.
Ma cambiò la vita solo a chi accettò o chiese di incontrarlo di persona. Faccia a faccia.
Sta a me, in piena libertà, lasciarmi amare da Lui e ricevere Speranza e Vita piena.
“Gesù ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo”… toccandoLo o lasciandoci toccare da Lui, dalle Sue Parole, travi portanti delle nostre umili dimore,siamo chiamati alla vita, a viverla in pienezza, per noi e per gli altri. Che la fede non conosca tramonto ma solo albe da cui ripartire ogni giorno, con un canto di lode “Tu sei la prima stella del mattino”, che farà sì che il vento della vita soffierà ancora o di nuovo.
In effetti a confrontare i due brani è come confrontare due mondi diversi. Sembrano evocare due contesti differenti, quando invece evidenziano aspetti diversi del medesimo fatto. Quello di Marco, soffermandosi sui dettagli, mette in evidenza la straordinarietà della figura di Gesù e la potenza del suo messaggio. Questa di Matteo corre invece più svelta, concisa, racconta una cosa accaduta come tante altre lungo la vita e la predicazione di Gesù. Un uomo straordinario che ha saputo fare tante cose straordinarie, più o meno evidenti, lungo il suo percorso. Così come ancora oggi ne avvengono, anche in forza dei suoi insegnamenti, di più o meno evidenti.
Grazie per averci anche oggi illuminato il sentiero. Buona giornata.