Una domanda da custodire
(Ml 3,1-4.23-24 / Sal 24 / Lc 1,57-66)
Luce di verità,
fiamma di carità,
vincolo di unità,
Spirito Santo Amore.
Dona la libertà, dona la santità,
fa dell’umanità il tuo canto di lode.
Cammini accanto a noi lungo la strada,
si realizzi in noi la tua missione.
Attingeremo forza dal tuo cuore,
si realizzi in noi la tua missione.
O Emmanuel,
nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli:
vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (1,57-66)
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Per Elisabetta si compì il tempo del parto: detto così sembra un traguardo raggiunto, mentre invece è soltanto l’inizio. La natura ha fatto il suo corso e, passato il tempo della gravidanza giunge il momento del parto. Diede alla luce: quanto mi piace questa espressione! Dare alla Luce è già una consacrazione, è collocarsi dalla parte della Luce.
Nel Nuovo Testamento sono molti gli inviti a vivere nella Luce. Un tempo – scrive san Paolo – infatti eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore; camminate dunque come figli di luce (Ef 5,8). E ancora: Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. (1Ts 5,5). Venire alla Luce non è dunque soltanto uscire dal grembo. E la Luce non è soltanto luminosità che si sprigiona dal Sole, da una qualsiasi stella, da un fuoco o da una lampadina. Questa luce di creature ha solo la funzione di farci comprendere quanto è diverso il vedere, il percepire, il distinguere, dal sapersi avvolti in un manto di nero indistinto e confuso.
Attorno alla nascita poi, gli uomini danno vita a gesti e tradizioni più o meno consuetudinari: la circoncisione del bambino, l’imposizione del nome secondo tradizioni che devono ripetersi. Sono molti coloro che portano il nome di un parente, magari deceduto poco tempo prima della nascita. Ma per quel bambino si pensò di dare il nome del padre, ancora in vita. Sacerdote del Tempio: una garanzia! Non dimentichiamo che quell’uomo proprio nel Tempio s’era ammutolito a motivo della sua incredulità. Portare quel nome non farebbe altro che ricordare, tra molte cose, anche quello smacco. Si chiamerà Giovanni: dono di Dio, Dio ha esaudito, il Signore è misericordioso.
Fu la madre ad intervenire con il coraggio di chi osa rompere questa tradizioni. Quale madre a quel tempo avrebbe potuto suggerire il nome, se per di più dare il nome ad un figlio era compito paterno? Ed è proprio qui che quel compimento si rivelerà come un nuovo inizio. La madre suggerisce il nome e Zaccaria, ancora muto, ora è di nuovo in ascolto. Udita Elisabetta pronunciare quel nome nuovo, Zaccaria non farà che confermarlo per scritto dichiarando così d’aver udito anch’egli quella misericordia che il Signore gli ha fatto attraverso quel figlio. È la vita stessa che si rianima nel cercare la Luce e nel tornare ad ascoltare.
C’è poi qualcosa di meraviglioso in questo racconto natalizio ed è precisamente una domanda: «Che sarà mai questo bambino?». Non è la domanda dubbiosa, non è neppure la domanda sul futuro incerto e sulla sua durata. È domanda che nasce dalla meraviglia e dallo stupore. È domanda all’inizio di un nuovo cammino, di una nuova esistenza; è la domanda decisiva davanti all’altro. Si crea così, attorno al bambino, lo spazio della sua possibilità di crescita e non lo si rinchiude tra desideri e proiezioni di genitori o di mezzo mondo. I bambini di oggi sembrano più che altro dei tester di tecnologia.
Forse è proprio questa la domanda da recuperare e da custodire in cuore davanti ad un figlio appena venuto alla luce. Non tanto «A chi assomiglia?», ma «Che sarà mai?». È tutta un’altra prospettiva: significa aver compreso che c’è un Mistero custodito in un figlio, ed è proprio quel Mistero che dev’essere portato alla Luce in un corpo appena uscito dal grembo. O un figlio è accolto in casa nella sua dimensione di Mistero che deve venire alla luce oppure sarà soltanto il prodotto di una mentalità, il consumatore già consumato e sfinito. E così preferiamo creare mostri di paure, fantasmi di dubbio, piuttosto che riprendere seriamente in mano la questione spirituale: che non siamo solo pancia e testa… ci sarebbero pure un cuore – che è la sola ed unica porta da aprire, diceva proprio ieri papa Francesco – e c’è una dimensione dello spirito da non trascurare affatto.
Guidami, Luce gentile,
in mezzo alla tenebra che mi circonda,
Guidami Tu innanzi!
Buia è la notte, ed io son lontano da casa.
Guidami Tu innanzi!
Rendi saldi i miei piedi:
io non chiedo di vedere l’orizzonte remoto,
mi basta un solo passo.
Non fui sempre così,
né pregai sempre che Tu mi conducessi innanzi.
Amavo il giorno splendente
e, più forte del timore,
l’orgoglio dominava il mio volere:
non ricordare gli anni passati!
Così a lungo la Tua potenza m’ha benedetto,
che certo ancora vorrà guidarmi innanzi,
oltre lande e paludi, oltre rocce e torrenti,
fino a quando la notte sia trascorsa.
(John Henry Newman)
Zaccaria, il sacerdote del tempio che non ha più voce se non quando accoglie Giovanni,la Misericordia, il Dono,l’adempimento della Promessa…in quel momento diventa anche il primo Evangelista che scrive la storia Nuova nel nome di Giovanni. Il Signore ci renda docili…..
Venire alla luce è mistero, un figlio e cosa ne sarà è mistero…
Sentire che in tutto questo c’è Dio, quale grande mistero (“mio Dio sei qui quale mistero,verbo di Dio e d’umanità”) è una grazia ed una responsabilità grande, non fosse altro che per la risposta che ognuno di noi può liberamente dare. E quel “sì” detto ogni giorno con umiltà e nel silenzio sia il nostro modo di procedere, non ci abbandoni, per aiutarci a vivere ogni cosa, sentendo che anche in noi c’è quel mistero, Lui in noi e noi in Lui ed imparare così ad essere una cosa sola. La Sua Parola ci guidi, ci aiuti, ci scuota, ci provochi ma non smetta mai di essere compagna dei nostri giorni perché è sempre “Parola di vita” da ascoltare, per tradurla in gesti d’amore e testimoniare quell’unica certezza: “l’Amore di Dio”.