Una paralisi nel perdono?
(Am 7,10-17 / Sal 18 / Mt 9,1-8)
Piove abbondantemente. Siamo in viaggio per un trasferimento da Tours a Beaune. Visiteremo l’Hotel Dieu, antichissimo ospedale fatto costruire nel 1443, alla fine della guerra dei cento anni. Il cantiere si chiuse nel 1452. Costruire un ospedale al termine di un periodo di guerre è forse è il segno che s’è finalmente compreso dove sarebbe più opportuno investire energie. La storia, nelle sue pagine che parlano di rinascita e di ricostruzioni potrebbe davvero esserci ancora maestra.
Nel pomeriggio ci trasferiremo a Taizé per conoscere questo monachesimo ecumenico, internazionale. Accogliente. Esperienza indubbiamente ancora profetica per i nostri giorni. E tutto attorno ad uno stile di vita essenziale, sobrio e fatto di una preghiera intima e al contempo comunitaria. La preghiera di Taizé, vero cuore delle giornate, colpisce proprio per la sua coralità che si esprime in tempi prolungati di canto a più voci e in varie lingue: tutto quanto serve per realizzare quanto è vasto e vario il mondo. E quel rispetto riservato a ciascuno nello stare personalmente davanti alla Luce della Parola di Dio. La preghiera a Taizé l’ho sempre respirata così e così mi piacerebbe che venisse percepita da questi amici con cui si sta condividendo il viaggio.
Dal Vangelo secondo Matteo (9,1-8)
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
Un uomo paralizzato è come uno specchio alla nostra incapacità di muoverci, di convertirci a questo potere di perdonare che Dio ha messo nelle mani degli uomini. A pensarci bene viviamo spesso in attesa che l’altro ci venga incontro, semmai ci avesse offeso o fatto un torto. E così ci irrigidiamo, fino a giungere alla paralisi… vivendo immobili, in attesa che l’altro ci venga incontro a supplicare perdono. Il perdono prima d’essere supplicato è senza dubbio un dono. Come Gesù che offre a questo paralitico il dono della guarigione, come Cristo che dalla croce perdona coloro che non sanno quello che fanno. Il dono della guarigione del paralitico e la remissione dei peccati appaiono completamente slegati dalla nostra capacità di renderci conto del male compiuto o subito. Esso appare anzitutto come un dono legato alla fede, un dono legato a questa fiducia profondissima: ci sarà bene qualcuno disposto a farci incontrare il vero volto di Gesù Cristo. Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci accompagni più vicino ad un Dio misericordioso.
Serve qualcuno che, uscendo dalla mentalità calcolatrice, risani l’uomo e gli ridono quell’agilità che gli permette di scavalcare ostacoli insormontabili, paresi infinite del cuore e dell’anima. Non è una bestemmia perdonare prima che l’altro ci chieda perdono. Non è bestemmiare rimettere in piedi un uomo perché un uomo che vive – liberato perfino da morsi e rimorsi del male – è immagine della gloria di Dio, è luce che meglio illumina il volto di un Padre che si proietta sui nostri fondali religiosi ancora troppo burbero e severo.
Cos’è questa ritrosia ad avvicinarsi a Lui se Egli è solo misericordia? È esattamente la nostra paralisi spirituale, ciò da cui dobbiamo essere guariti. A nulla serve stare rigidi e immobili in attesa che qualcuno ci chieda perdono se non siamo capaci di fare un passo verso il Dio di Gesù Cristo. Per nostra fortuna – per sua sola misericordia! come cantano a Taizé – Egli ci raggiunge con la sua parola e ci dice: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Laudemus Deum qui nos creavit, redemit
et sua sola misericordia salvabit.
Lodiamo Dio che ci ha creati, redenti,
e salvati per la sua sola misericordia.
Nel tuo cuore, va’!
Muta il tuo nemico in amico:
tutto sarà nuovo,
nuovo per te nel tuo cuore.
Tu chiami il Padre dei cieli
«Padre nostro»;
mostra allora di assomigliare al Figlio unico.
Tu che sei fratello del Figlio unico,
se non ami tuo fratello,
non puoi dire: “Padre nostro”.
Perdona al tuo fratello che ti ha fatto del male.
Affrettati a fare pace con lui.
Tu ascolti il Vangelo:
così ti dice di agire il Vangelo!
(Giacomo di Sarug, il Cantico dell’amore)
Forse ancora Ti vorremmo
incontrare sulle nostre strade
piene di dolore,
dolore di ogni uomo
dolore dell’intero mondo.
Con semplici gesti
guarivi corpi ammalati,
con sapienti Parole
lenivi anime affrante.
Perché Sapienza
agiva con Te
fin dal principio
fin dagli albori.
Forse ancora Ti vorremmo
incontrare sulle nostre strade
piene di dolore
e lasciarci, nel corpo e nell’anima
da Te guarire.
E portare guarigione
a chi ci è vicino,
a chi ci è fratello
con l’olio del perdono
spalmato su ferite
trascinate dagli inizi del mondo.
Forse ancora Ti vorremmo
incontrare sulle nostre strade
piene di dolore.
La nostra preghiera
a Te si rivolge
“preservaci da ogni male,
non a me o ai miei cari,
ci sian da Te
risparmiate le lacrime”.
Forse ancora vorremmo
incontrarti sulle nostre strade
piene di dolore.
Il mio pensiero allora corre
a tante persone a me care,
che vivon già
nell’esperienza del dolore.
Per loro a Te chiedo
con l’olio del perdono
di lenire il cuore.
Per me, non chiedo
che mi sian risparmiate
le prove, ma che Tu mi doni
con l’olio del perdono
coraggio di accettare,
coraggio di sopportare,
coraggio della vita continuare.
Forse ancora Ti vorremmo
incontrare sulle nostre strade
piene di dolore,
con l’olio del perdono
a lenire il nostro cuore.
E tutto avviene per DONO… per dono si può chiedere ed ottenere perdono e sempre per dono lo si può offrire ad altri. Dono di Dio e del Suo immenso Amore. Quando questo avviene la pace scende nel cuore e si trasforma in gesti di gentilezza, comunione, cura ed amore che, attraverso noi, rendono gloria a Lui, perché è il Figlio Suo che ce li ha insegnati. Nessuno mai potrà dire di essersi fatto da sé stesso! Per Sua sola misericordia possiamo guarire dalle nostre paralisi e quand’anche non sempre riuscissimo, le Sue braccia sarebbero pronte a rialzarci ed abbracciarci e la Sua voce a dirci nuovamente “coraggio!!”.
Il mondo possa incontrare cristiani che siano veri testimoni dei grandi DONI che Lui ci ha fatto, per renderGli grazie e tornare a Lui, fonte di ogni bene e bontà.
E che anche il vostro pellegrinaggio possa essere vissuto così, come un dono per voi e per gli altri.
Rendere grazie a Lui sempre ed ogni luogo per vivere semplicemente così, in un perenne rendimento di grazie.
Buon proseguimento di viaggio, che vi resterà nella mente ed ancor più nel cuore
“…questo monachesimo ecumenico, internazionale. Accogliente. Esperienza indubbiamente ancora profetica per i nostri giorni…”
“Va’, profetizza al mio popolo (Am 7,15)
Il mondo ha sete di profeti dell’accoglienza: primo passo della cultura della CURA????????????