Possiamo camminare in una vita nuova

XIII domenica del Tempo Ordinario (A)

(2Re 4,8-11.14-16 / Sal 88 / Rm 6,3-4.8-11 / Mt 10,37-42)

Verrà,
una sera
in cui nessuno lo attenderà più.
Forse.
Chiamato per nome, 
qualcuno trasalirà.
Al cuore smemorato
un tempo sia accordato
per fare memoria!

Verrà,
in una sera come questa,
probabilmente.
Ad oriente, davanti a Lui,
il cielo si infuocherà.
Al povero dite
che tutto si compirà
secondo la promessa. 

Verrà,
una sera
in cui rode la tristezza,
forse.
Quella sera, sulle nostre paure
l’amore prenderà il sopravvento.
Gridate a tutti gli uomini
che niente è compromesso
della loro speranza. 

Verrà,
una sera
sarà l’ultima sera
del mondo.
Un silenzio anzitutto,
poi l’inno esploderà. 
Un canto di lode
sarà la prima parola
di un’alba nuova.

Prima che la Parola di Dio finisse – quasi racchiusa – tra le pagine della Scrittura, essa voleva risuonare come un racconto che dal cuore passava sulle labbra per poi tornare attraverso l’orecchio al cuore altrui. Racconti che si tramandavano con un solo fine: raccontare Dio nelle vicende degli uomini o sussurrare il ricordo di vite umane quali esempi di fede. E così è delle molte pagine che leggiamo anche nelle nostre liturgie. A volte un breve accenno, un incipit… non fosse che per far ricordare questo o quel racconto; non fosse che per invogliare a scoprire un determinato fatto che per molti versi potrebbe accadere pure ai nostri giorni.

È quanto potrebbe succedere ascoltando la prima lettura di quest’oggi: si parla della splendida accoglienza di una donna illustre che non dispera della sua impossibilità ad avere figli, ma rende la sua casa uno squisito luogo di accoglienza che perfino il profeta Eliseo sperimenterà. E tanto squisita era l’accoglienza che il profeta stesso a più riprese vi farà ritorno. Ella riconosce nell’ospite un uomo di Dio. Cosa porta un essere umano a riconoscere in un suo simile un legame con Dio? Che fede ci vuole per riconoscere in colui che incrocia la nostra vita, un uomo di Dio? Insieme al marito decide di costruire una stanza al piano superiore (che subito mi rimanda ad un’altra stanza al piano superiore in cui Gesù si farà ospitare insieme ai suoi per mangiare la Pasqua!). L’arredo è essenziale e semplice: un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere. Non solo dunque il pranzo ma pure un luogo per ritirarsi, meditare o riposare.

Il profeta Eliseo, colpito da tante attenzioni, vorrebbe a sua volta ricambiare, fare un dono. Eliseo disse a Giezi, suo servo: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».

La prima lettura di questa domenica termina qui. Edificati e soddisfatti? O incuriositi di conoscere il seguito? Se non altro verrebbe da chiedersi se la promessa si avvera. E dunque proviamo pure a continuare il racconto: il figlio nascerà, nel perfetto stile di quel Dio che sazia di beni gli affamati e riempie i grembi delle madri sterili. La storia che già s’è fatta lieta, continua però non senza dolori. Un terribile mal di testa colpisce il figlio che morirà poche ore dopo sulle ginocchia della madre. La donna senza perdere la testa, manda soltanto a chiama Eliseo, dopo aver adagiato il figlio morto sul letto dove soleva dormire l’uomo di Dio, il profeta. Quando mi hai promesso questo figlio – dirà al profeta – non ti avevo chiesto nulla. A tal punto che faticavo a crederci! Questo figlio non cercato e non chiesto dalla donna ma avuto in dono, sarebbe ora il figlio che lo stesso Dio si riprenderebbe? Dio dunque è Colui che dona e poi porta via? Il profeta resusciterà di lì a poco il figlio alla madre senza nemmeno che il padre fosse stato avvertito della sua morte. 

La Scrittura è piena di racconti di promesse di nascita e di resurrezione di figli: tutti sono il segno che Dio è il Dio della vita. Natale e Pasqua già anticipati in questo racconto… in attesa di Gesù, il Figlio che Dio ha dato al mondo. Una vita non trattenuta per sé, ma donata interamente per gli altri.

Il nostro rapporto con la morte è certamente e profondamente cambiato. Più naturalmente accettata dai tempi dei tempi, più indigesta oggi perché aver allungato la speranza di vita (terrena) sembra la conquista umana dell’uomo moderno. Pandemie e guerre – che così stranamente si susseguono – ci obbligano forse a rivedere il senso di queste conquiste? Ci costringono forse a rivedere questo rapporto con la morte? Certo è che nel mondo biblico, nello spazio della fede, la morte non è soltanto intesa come morte fisica. C’è una morte che dobbiamo accettare più di quella corporale: morire a se stessi, morire a questo desiderio umano di affermarsi o di salvarsi da soli. È questo lo spazio della resurrezione, lo spazio in cui Gesù, il Figlio di Dio, ritornato alla vita si presenta a noi come la vita buona, la vita nuova. Il nostro battesimo è esattamente la nostra immersione nella vicenda di Gesù, ossia la morte a se stessi perché la nostra vita terrena sia piuttosto il tempo, il luogo e il corpo in cui Cristo vive ancora. 

Il Vangelo non lo nasconde: c’è una croce da prendere, da fare nostra. Spesso ho sentito dire che Dio dona le croci che siamo capaci di portare e che se ciascuno, portando in piazza la propria croce, potesse barattare la propria con una qualsiasi altra croce, finirebbe per scegliere nuovamente la propria. Mi perdonerete ma non riesco a pensare ad un Dio che imponga croci agli uomini che egli chiama suoi figli. A leggere il Vangelo o a rileggere la storia possiamo dire che spesso le croci ce le carichiamo a vicenda. Anche Gesù dunque è stato caricato di una croce, non certo dal Padre ma da fratelli divenuti nemici. È questa la croce che siamo invitati a prendere, a fare nostra: la vita di Gesù, amata e donata fin sulla croce, è questa Vita donata che rende bella e buona anche la nostra stessa vita.

Perdere la propria vita, come dirà Gesù nel Vangelo, non significa morire nel corpo quanto piuttosto decidere di donarsi senza riserve alla maniera di Gesù. È tutta la vita di Gesù che è donata a noi come dono, come vita da amare, da abbracciare, da imitare. E quando questa vita del Figlio di Dio ritma e sostiene la nostra, come il respiro del corpo, è allora che noi pure saremo capaci di donare o restituire vita. C’è sempre qualcosa di noi, nelle nostre storie personali e nelle nostre comunità che deve morire per lasciare che la vita di Dio risplenda più visibilmente. 

Dal Vangelo secondo Matteo
(10, 37-42)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

…E quando, per la sua disobbedienza,
l’uomo perse la tua amicizia,
tu non l’hai abbandonato in potere della morte,
ma, nella tua misericordia,
a tutti sei venuto incontro,
perché coloro che ti cercano ti possano trovare.
Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza
e per mezzo dei profeti
hai insegnato a sperare nella salvezza.
Padre santo, hai tanto amato il mondo
da mandare a noi, nella pienezza dei tempi,
il tuo unigenito Figlio come salvatore.
Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo
ed è nato dalla Vergine Maria;
ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,
la nostra condizione umana.
Ai poveri annunciò il Vangelo di salvezza,
la libertà ai prigionieri,
agli afflitti la gioia.
Per attuare il tuo disegno di redenzione
consegnò se stesso alla morte
e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.
E perché non vivessimo più per noi stessi
ma per lui che è morto e risorto per noi,
ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo,
primo dono ai credenti,
a perfezionare la sua opera nel mondo
e compiere ogni santificazione.

(preghiera eucarestia IV)


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Piccoli Pensieri (4)

Savina

Ecco il filo rosso che attraversa e ancora accompagna la nostra vita.
Dono…
Tutto ci è stato donato, tutto dobbiamo imparare a ridonare.
Ancora non lo sappiamo fare, nonostante l’esempio di Gesù e il suo grande Sacrificio.
Abbiamo anche diversi esempi di persone che hanno donato la propria vita, a riprova che tutti lo possono fare.
Lasciamo, purtroppo, prevalere il nostro egoismo dimenticando tutti i doni ricevuti.
“Benedici il Signore anima mia,
quanto in me benedica il Suo Nome,
non dimenticherò tutti i suoi benefici
benedici il Signore anima mia…”

10 Luglio 2023
Dania

“Se ieri non sapevo, oggi ho incontrato Te,
e la mia libertà è il Tuo disegno su di me,
non cercherò più niente perchè Tu mi salverai”…stupendo il testo di questo canto “Il Disegno” di Alberto Marani.
Con che maestria o Dio creasti il cielo, il mare, la vita sulla terra e sotto terra! Noi stessi siamo veramente opera delle Tue mani e possiamo essere presenza viva del Tuo Amore nel mondo, mettendoci ogni giorno alla scuola di Gesù. Ci vorrà sempre la quarta virtù, la cui presenza si può trovare anche sull’altare del Santuario di Caravaggio:”l’umiltà”, che chiede di essere studenti più che insegnanti, perché il Maestro è e resterà sempre uno solo, Colui che ha fatto di tutta la Sua vita un dono, perseguendo la volontà del Padre suo.

2 Luglio 2023
Arianna

Alla luce di queste riflessioni mi vien da pensare che forse, alla base del fraintendimento relativo alle “croci su misura”, sta il senso -verosimilmente sbagliato- che diamo alla croce che siamo chiamati a prendere per seguire Cristo. Una croce che -ipotizzo- più che “strumento di pena” vorrebbe essere piuttosto “strumento di dono”, dono di sè, dei propri talenti, delle proprie “ricchezze” (intese quali caratteristiche risorse personali) agli altri, come -su scala più ampia- Cristo ha fatto per noi. Letta così il senso cambia eccome…!

2 Luglio 2023
Maria Rosa

Donaci Gesù di morire a noi stessi per vivere veramente e di non appesantire né la vita nostra né quella degli altri ma di ricercare la comunione

2 Luglio 2023

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