Vivere della cura altrui
(Giac 5,13-20 / Sal 140 / Mc 10,13-16)
Da pacem Domine, da pacem o Christe in diebus nostri.
Dona la pace, Signore; dona la pace, o Cristo, ai nostri giorni .
Dal Vangelo secondo Marco (10,13-16)
In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.
Il brano di Vangelo di ieri si concludeva con un’annotazione che, nel contesto della relazione uomo-donna, alludeva all’uguaglianza tra i due. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Il discorso continua a partire da un fatto: presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Difficile per noi comprendere una reazione simile da parte dei discepoli. Una probabile spiegazione sta nel fatto che si sarebbero così infrante le regole di purità. C’era in effetti una forte disuguaglianza tra il mondo degli adulti e quello dei bambini. Sappiamo che, insieme alle donne, non erano contati nei censimenti. E lo stesso si dice quando venne stimato il numero di coloro che avevano mangiato dei pani moltiplicati da Gesù: erano circa cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini (Mt 14,21).
Dall’uguaglianza auspicata nella relazione uomo-donna (che evidentemente non c’era) si passa ora, attraverso una tenerezza inaudita (basti guardare ai verbi che Marco utilizza) ad un invito che potremmo dire sproporzionato: non si tratta di tornare bambini, ma di accoglierli. È un invito a rivolgere attenzione e sguardi a ciò che anche i piccoli possono insegnare ai grandi.
Non possiamo certo affermare che oggi non ci sia attenzione ai bambini ma, spesso, ricevono una serie di attenzioni che in realtà servono per fare leva sugli adulti. Basta guardare a tutto quello che oggi c’è sul mercato per i bambini… senza volgere lo sguardo altrove quando vediamo immagini dei bambini ucraini, magari neonati o ammalati, ricoverati ora in rifugi sotterranei di fortuna. Sono diventati consumatori esigenti i nostri bambini e non certo per colpa loro. Siamo stati molto abili nello stuzzicare il loro desiderio, per far crescere in loro quel senso di «non essere da meno». E le leggi di mercato sanno benissimo che con i capricci si può ottenere di più che con la ragionevolezza; perché gli adulti sono arrendevoli con le richieste dei più piccoli, per affetto, per debolezza, per mancanza della pazienza necessaria a dialogare con loro e a percorrere le vie della persuasione e del ragionamento.
Colpiscono le lettere scritte ai potenti della terra da alcuni ragazzi in questi primi giorni di guerra, pubblicate su alcuni quotidiani. Sappiamo che sulla scacchiera internazionale quelle parole non avranno peso. Solo qualche copia venduta in più del giornale acquistato dai famigliare di chi ha scritto quella lettera ora pubblicata. I bambini contano pochissimo: chi riflette sul valore che ha un bambino? Chi è consapevole della bellezza del suo modo originale di guardare alla vita? Chi pensa, qualche volta, di aver imparato qualcosa da un bambino?
Prendo volentieri in prestito alcune parole di Paola Bignardi che mi sembrano alquanto efficaci: «Un bambino vive della cura, dell’amore gratuito degli altri, totalmente dipendente. La debolezza del bambino è l’unica sua forza: egli vive spontaneamente, senza rendersene conto, della cura degli altri.
Noi adulti abbiamo sostituito alla fiducia il sospetto; alla fragilità vissuta senza pretese l’ambizione di essere perfetti e l’illusione di non sbagliare mai; alla spontaneità del bambino il calcolo che tutto prevede. E spendiamo tante energie per controllarci, per essere e soprattutto apparire persone compite, educate, senza difetti e mancanze. Noi adulti abbiamo imparato a pensare che la benevolenza degli altri ce la dobbiamo guadagnare con le nostre capacità e qualità. Anche davanti a Dio assumiamo a volte atteggiamenti che rispecchiano questo: dobbiamo farci accettare con i nostri meriti e vorremmo esibire una presunta perfezione.
Dall’alto della nostra perfezione, giudichiamo gli altri: non solo i bambini, ma tutti i piccoli, quelli che fanno fatica, che hanno bisogno, che non si impegnano, che trasgrediscono, che sbagliano…. Questi adulti, che forse pensano di non avere più nulla da imparare nella vita e che pensano di avere tutto da insegnare, sono quelli contro cui Gesù si arrabbia, si indigna!
Ma se uno bambino non lo è più? È escluso dal regno? La macchina del tempo non funziona all’indietro! Anche Nicodemo, il dottore del Sinedrio che va a trovare e a interrogare di notte Gesù, gli fa questa domanda. E Gesù gli spiega. Gli aveva detto: occorre rinascere! Ma come? Gli chiede Nicodemo. Devo entrare di nuovo, vecchio, nel grembo di mia madre? A dire l’impossibile di ciò che Gesù gli proponeva. E Gesù gli risponde che non è dal grembo di nostra madre che siamo generati a una vita nuova, ma dal grembo dello Spirito, che ha la forza di trasformarci, di farci nuove creature, se noi lo vogliamo. Questo processo ha un nome antico, forse un po’ usurato e troppo scontato, e si chiama conversione!
Diventassimo bambini da adulti saremmo delle caricature; ma lasciarsi rigenerare dallo Spirito per risvegliare il bambino che c’è in noi, con la sua libertà, la sua fiducia, il suo stupore, questo è possibile, anzi, è condizione per diventare pienamente figli. Per diventare adulti secondo Dio».
Mi chiedo:
tutto ha un inizio e una fine,
sappiamo che si nasce
ma sappiamo che poi si deve morire.
Ogni giorno il sole nasce
per poi tramontare di sera.
Ogni notte andiamo a dormire
per risorgere al mattino
e questo risorgere ogni giorno
ci dona di vivere un nuova giornata
anche se non sappiamo di vederne la fine.
Allora mi chiedo:
perché ancora la guerra?
Davvero abbiamo bisogno
di tornare ad imparare dai bambini
perché in loro c’è solo amore e purezza.
O Padre buono donaci la felicità
di vivere come fratelli
tutti assieme in pace.
Amen.
2000 anni a rileggere e ripetere le Sue attualissime parole, “sempre le stesse” dice qualcuno. Ma evidentemente abbiamo ancora bisogno di sentirle, e di farcele spiegare, perché non siamo ancora capaci di af-fidarci gli uni degli altri e c’è chi sente il bisogno di prevaricare sugli altri per affermarsi.
Ma finché i bambini continuano a nascere, anche nei rifugi sotto le bombe, io voglio continuare a sperare e a pregare perché la Sua voce non si spenga mai.
Secondo me nessun essere umano dovrebbe vergognarsi dei propri limiti, della propria inadeguatezza di fronte alla realta che gli si presenta. Infatti : “Quando sono debole, è allora che sono forte in Cristo” trovo scritto da un Apostolo nel Vangelo. I bambini non si pongono tanti problemi. “Se non ritornerete come bambini non entrerete mai”… Amo particolarmente questa canzone che riassume tutto quanto ho scritto sopra. Gesù ama i bambini, come ama gi ammalati, i più deboli e indifesi in special modo, perché hanno un cuore puro e semplice.
Ci pensavo giusto in questi giorni che, di fatto, ci trovano TUTTI impreparati a questa guerra che è iniziata “a due passi” da noi. Rispolverando i contatti passati delle persone che si sono avvicendate, o che ancora si preoccupano, della cura dei nostri cari, le preoccupazioni del popolo ukraino si fanno più vicine. Partecipandole diventano anche un po’ nostre… Ma allora cosa fare? “Pregare e digiunare”, mi sono risposta sentendo riecheggiare in me le parole della nonna Giovanna. Poi stamane leggo la lettera di Giacomo, penso all’invito del Papa per il giorno delle ceneri, e un poco è di conforto. Al momento non possiamo fare altro che mettere da parte le nostre arroganze, supponenze e convinzioni di forza ed affidarci a Dio nella preghiera. Chiedere a Lui di illuminare i nostri cuori per impegnarci al meglio insieme, tutti, perché possano essere illuminati, guariti, i cuori dei responsabili di questa guerra appena iniziata.